Comune preunitario di Fratta, Umbertide (Perugia), 1381 - 1860
Ente
Estremi cronologici: 1381 - 1860
Intestazioni:
Comune preunitario di Fratta, Umbertide (Perugia), 1381 - 1860
Altre denominazioni:
Comune preunitario di Fratta
I lineamenti storico-istituzionali di Fratta riguardano il periodo che va dalle origini al 1860. Le fonti documentarie principali, cui si è attinto, sono costituite da un manoscritto di Costantino Magi, medico frattegiano (1710) (1) autore della Descrizione della Fratta, e della Rocca (2); inoltre dallo statuto di detta comunità, datato 1521 (3) e dagli atti della visita del delegato apostolico alla comunità di Fratta, del 1787 (4); infine, dai registri dei consigli e riformanze adottate dagli amministratori di Fratta (5). Al manoscritto del Magi attinsero abbondantemente altri storiografi che si occuparono di Fratta, quali Annibale Mariotti (6), Antonio Guerrini (7) e Umberto Pesci (8).
Le origini di Fratta sono piuttosto incerte e gli storiografi, a volte, si sono perduti dietro ipotesi che non trovano riscontri documentari. L'etimologia del toponimo, intanto, deriverebbe dal greco "fractos", che significa [luogo] munito, fortificato: sottolinea Magi, a tale proposito, che "Ne poteasi più vivamente esprimere la qualità di questo luogo, che di natura sua fù tale, e per l'industria degli antichi capitani reso anche più forte" (9). Stando all'opinione esposta da Pompeo Pellini, noto storiografo perugino del XVII secolo, Fratta esisteva già al tempo della battaglia del lago Trasimeno del 217 a.C., anno 3751 della creazione del mondo: "sicché è vano il dire d'alcuni, che 200 anni in circa prima che si umanasse il Verbo Eterno fosse fabricata la Fratta dai miserabili avvanzi della lagrimevole rotta dei Romani al Laco Transimeno" (10).
Alcune congetture, esposte dal Magi e riprese in seguito dal Mariotti e dal Guerrini, "fecero vagheggiare a qualcuno l'esistenza di un'antica Città distrutta ed alla quale si tentò di dare vari nomi" (11). Costantino Magi, infatti, riporta la notizia secondo la quale Fratta sarebbe sorta dalle ceneri di Pitulo o Pitulano, città distrutta dal goto Alarico nel 409: "dalle rovine di Pitulano ebbe la Fratta i suoi natali, sulle cadute dell'una si fabricarono i sorgimenti dell'altra" (12); tuttavia, altri studiosi avrebbero identificato detta località con Roccacontrada, nelle Marche (13). Del resto anche il toponimo "Tuficum", nominato da Tolomeo e da Plinio, si riferirebbe ad un insediamento posto tra Matelica e Fabriano (14). Alcune versioni, riportate dagli storiografi, parlano dell'origine di Fratta da "Tracium", posseduta dai Perugini fin dall'anno del mondo 1169 (15), e da "Forum Bremitii" (16); altre, infine, da "Forum Iulii Concubiense" (17).
L'edificazione o, per meglio dire, la riedificazione di Fratta, stando ad un'ipotesi generalmente condivisa dagli storiografi, sarebbe da collocare storicamente negli anni che seguirono le "guerre dei Goti e dei Lombardi" combattute in Italia e prima del chiudersi del primo millennio dell'era cristiana. Il Mariotti, facendo riferimento a fonti documentarie raccolte ed elaborate da altri studiosi, indica tre probabili date relative alla ricostruzione di Fratta: il 796, ad opera dei figli di Arimberto, duca di Bourbon e marchese di Toscana e di Colle (in seguito Monte Santa Maria Tiberina); oppure il 970, su iniziativa dei tre figli di Uberto Ranieri, Ugo, Ingilberto e Benedetto (18); infine sul finire del secolo X, quando Uberto, uno dei figli di Umberto, figlio naturale di Ugo re d'Italia, succedette al padre nel marchesato di Toscana fino alla morte, avvenuta nel 1001 o 1002 (19).
Le prime testimonianze, storicamente fondate, sul castello di Fratta, risalgono al 1189. È del 12 febbraio di quell'anno, infatti, l'atto con cui "Fracta Filiorum Uberti" (20), fino ad allora posseduta dai successori di Arimberto, venne sottomessa a Perugia dal marchese Ugolino di Uguccione, ascendente dei marchesi di Petrelle, unitamente alle proprie terre, il quale si dichiarò pronto per la città suddetta "a far pace e guerra con tutti, eccettuato l'imperatore ed il re Enrico", "ad pacem et guerram, ostem et parlamentum, et ad coltam et datam" riservando però per sé la metà delle tasse di Fratta, come Perugia faceva per le altre parti del suo territorio; Ugolino si obbligava a custodire e proteggere, per quanto poteva, i Perugini e le cose loro, e costoro promettevano al marchese la stessa protezione, garantendo l'osservanza dei patti sotto pena di 100 marchi d'argento" (21).
Il castello di Fratta era "uno dei più importanti insediamenti murati del contado perugino", nella contrada di Porta Sant'Angelo, posto ai confini settentrionali: ubicato lungo il corso del fiume Tevere, circondato da terreni pianeggianti ed ubertosi (22), il suddetto centro ebbe una rilevante importanza strategica, in epoca medievale e moderna, soprattutto per la posizione di confine rispetto ai territori di Gubbio e di Città di Castello (23). E la peculiare posizione geografica di Fratta, difatti, giocò un ruolo tutt'altro che secondario nelle vicende della comunità medesima.
Per quanto riguarda la storia di Fratta nei secoli XIII e XIV, si è dovuto far ricorso alle fonti statutarie perugine che costituiscono il quadro normativo di riferimento per le comunità sparse nel contado.
Dalla lettura di alcune norme contenute nello statuto del 1279, si evince che ogni comunità era soggetta a molteplici obblighi, fra i quali: provvedere al sostentamento di vari magistrati, specialmente del capitano del popolo - che si occupava della riscossione dei tributi - e del podestà che amministrava la giustizia e vigilava sulla corretta osservanza delle disposizioni statutarie; pagare i dazi e le collette; "facere servitia communi Perusii" (24), sotto pena di ritorsioni; fornire uomini armati e mezzi alla città dominante (25); far catturare e consegnare alle autorità perugine ricercati, ribelli e traditori (26); occuparsi della manutenzione delle mura castellane, delle fonti e delle risorse idriche.
Più specifico e dettagliato appare lo statuto perugino in lingua volgare del 1342, specialmente riguardo alla figura del podestà, l'ufficiale destinato ad amministrare un "castrum" o una "villa". Il podestà, che doveva essere cittadino allibrato in Perugia o nel contado (27), veniva eletto per estrazione nel maggior consiglio di Perugia, gli ultimi otto giorni di aprile e di ottobre, e rimaneva in carica nella comunità di destinazione sei mesi, con inizio 1° maggio e 1° novembre; nello svolgimento delle funzioni, doveva essere coadiuvato da un vicario, che era un notaio iscritto alla matricola perugina della propria arte, addetto in particolare alla redazione delle scritture pubbliche. Non doveva essere nativo del castello o della villa cui era stato preposto e poteva assumere nuovamente la stessa carica nella medesima comunità non prima però che fossero trascorsi cinque anni (28). Per l'espletamento delle sue funzioni, il podestà percepiva un salario di 40 libre di denari per il periodo di durata della carica, oltre alla terza parte delle condanne eseguite nel suo territorio e 18 denari a focolare (29). Al termine del mandato, il podestà veniva sottoposto al sindacato da parte del maggior sindaco di Perugia (30).
Circa i rapporti tra la città dominante e le comunità del contado - quindi anche di Fratta - è importante ricordare una riformanza perugina del 1396, con cui i ruoli di castellano e di podestà di Sigillo, di Montone e di Fratta, fino ad allora svolti da due distinti funzionari, vennero unificati formando "unum officium et unum corpus castellanantia cum potestaria" (31). Con tale risoluzione, veniva designato un "vir bonus et fidelis" per amministrare ciascuna di quelle comunità e ciò può essere letto come un modo, da parte della città dominante, di esercitare un controllo ed un potere più forti e più diretti su realtà periferiche del contado, certamente più esposte ad azioni di forza da parte di milizie provenienti dalle città limitrofe. In effetti, i frequenti fatti d'armi del XIV secolo, di cui si ha notizia, dimostrano quanto il territorio di Fratta fosse soggetto ad incursioni ed attacchi nemici. Tra i più significativi si possono ricordare: lo scontro fra 300 soldati tedeschi di Guido Pietramala già vescovo di Arezzo confederato "con i Castellani che venivano a guastar la Fratta, e l'esercito perugino accampato presso la Fratta", il 17 febbraio 1325 (32); sempre nei pressi di Fratta, nel 1335 i perugini si scontrarono con le soldatesche di Pietro Saccone e di Arezzo (33); ma il fatto più grave si verificò nel 1351, quando Fratta fu devastata, in occasione delle lotte tra il Visconti e Perugia, dall'armata di Giovanni di Cantuccio Gabrielli di Gubbio, capitano dell'arcivescovo di Milano; otto anni dopo, Fratta subì una nuova devastazione (34).
Nei decenni successivi, Fratta ed il suo territorio subirono le conseguenze degli scontri tra il capitano di ventura Braccio Fortebraccio da Montone e 2000 cavalli mandati da Ladislao d'Angiò re di Napoli, tra il 1403 ed il 1408 (35); fu nuovamente devastata, nel 1478, complice la peste, dalle truppe di Federico duca d'Urbino e, l'anno successivo, dai fiorentini (36). Infine, anche il Valentino, a capo delle truppe pontificie, muovendo verso Fossato di Vico occupò Fratta, nel 1500 (37).
Nel corso delle interminabili lotte di fazioni che dilaniarono Perugia dalla seconda metà del XIV ai primi decenni del XVI secolo, presso il castello di Fratta, in varie occasioni trovarono rifugio gli esuli; fu precipuo interesse dei perugini, pertanto, "recuperare" o riconquistare il suddetto castello. Nel 1385, ad esempio, Fratta venne occupata dai fuoriusciti, grazie ad una sollevazione capeggiata da Tommaso di Ciardolino, capitano della guardia; riconquistata l'anno dopo da Albertino di Nino di Guidalotto e da Mattiolo di Angeluccio di Colle, essendo capitano della guerra di Perugia Pellino di Cucco Baglioni (38), Fratta venne ampiamente restaurata, nelle strutture difensive, e dotata di un'imponente rocca (39). Altri episodi di occupazioni e recuperi ebbero luogo negli anni 1394 (40), 1431 (41) e 1495 (42).
L'amministrazione della cosa pubblica di Fratta, il funzionamento degli organi di governo e la tutela degli interessi della comunità medesima erano regolati da apposita normativa, contenuta in uno statuto, a noi pervenuto, risalente al 1521 (43). Il registro, la cui importanza sotto il profilo storico e istituzionale è particolarmente rilevante, "essendosi la nuova età dall'antica resa in molte cose differente, fù per ordine dei Signori Difensori rinovato nella Forma, che si vede presentemente" (44). Venne redatto al tempo dei difensori di Fratta "Angelo de Antonio Cibbj, Antonio di Jovanni di ser Ursino, Simone de Speranza e Bencevenga di Antonio de Lhomo", i quali diedero incarico al "servulo minimo della comunità", notaio Marino di Domenico di Marino Spunta, il 22 febbraio 1521, di riformare, rinnovare e riscrivere lo statuto, sulla traccia dei vecchi testi statutari del 1362, "deturpati et guasti per lo antiquo et longo usu de anni cento cinquanta et nove". L'opera di revisione e di stesura materiale del pezzo (45), che portò agli "Statuti in melglo reformati innovati et rescriptti ? cum comuni consenso et universal volunta de tutti li altri ufficiali et della generale adunantia et universita del decto castello", venne decisa "ad persuasione dello circumspecto homo ser Paulo de Cristofero Martinelli" (46).
Lo statuto di Fratta, come quelli delle altre comunità minori, venne redatto sul modello degli statuti di Perugia, riproponendo l'articolazione delle varie parti di cui erano composti e semplificando magari le diverse figure istituzionali. Si articola in quattro sezioni, per un totale di 144 rubriche:
I - dei magistrati del Comune;
II - amministrazione della giustizia civile;
III - amministrazione della giustizia criminale ("malefici");
IV - danno dato.
Al vertice dell'organigramma frattegiano era il podestà. Riferisce il Magi che "Era la Fratta prima governata colle proprie Leggi, e suoi particolari statuti da un podestà, che veniva deputato dalla Città di Perugia, con obbligo di aver seco un Cancelliere, in grado di buono, esperto, e legal Notaro con due Famigli vestiti del medesimo panno, ed atti a portar armi, ed un cavallo. Le facoltà di questo Ministro tanto nelle cause civili, quanto nelle criminali passava tant'oltre, che con gran riputazione, e suo notabile utile poteva avvantaggiare, non che mantenere la propria condizione" (47). Ampio risalto, come appare, è dato di fatto all'esercizio dell'attività giudiziaria da parte dell'ufficiale, anche se le sue funzioni erano abbastanza articolate.
Il podestà ed il suo vicario, prestando giuramento sulle Sacre Scritture, all'inizio del mandato, si assumevano l'impegno a risiedere nel castello, ad esercitare con imparzialità il proprio incarico, a catturare traditori, ribelli e ricercati dalla Chiesa e dalla città di Perugia, a consegnare proventi e rendite nelle mani del camerlengo (48). Nel corso del proprio mandato, che durava un semestre, il podestà era tenuto: 1) a "mantenere et conservare et ad crescere el buono et pacifico stato del ditto castello et delli homini et persone di quello, punisca i malefici" commessi nel castello e nel suo territorio; 2) a dare esecuzione alle condanne comminate e ai dazi, tanto di Perugia quanto della stessa Fratta; 3) ad aver cura di incrementare "li honori, raigione et iurisdictione arnesi beni pecunia et haveri del ditto castello"; 4) a giudicare le cause civili e criminali; 5) a "sentire le ragioni" di chiese, confraternite e altri enti religiosi (49); 6) a rispettare e far rispettare le festività comandate, universali, perugine e frattegiane (50). Al podestà era fatto obbligo, inoltre, di non mangiare né bere assieme ai cosiddetti "terrenzani", cioè alla popolazione locale, "per che spesse volte la troppo familiarita parturissce contrasto" (51), e di provvedere al pagamento del cancelliere, a conclusione del mandato, solo quando questi avesse restituito le scritture della comunità (52).
Altre norme, contenute nello statuto, prevedevano che l'operato del magistrato fosse sottoposto a sindacato, secondo procedure stabilite (53), e che l'ufficiale non potesse svolgere un nuovo mandato a Fratta se non dopo un turno senza incarichi (54).
Se nel dettato statutario podestà è il termine con cui, inequivocabilmente, viene definito il magistrato di grado più alto nell'ambito delle istituzioni di Fratta, le fonti documentarie degli anni immediatamente successivi parlano invece di "commissario" (55). Per spiegare tale apparente incongruenza, giova far riferimento ad un significativo passo del lavoro del Magi, da cui risulta che "Il preterito Potestà era dipendente dal Magistrato di Perugia, ed al presente governa persona con titolo di Commissario, il quale è dottore, la cui autorità è più ampla, e ristretta, secondo che vien data dal Governatore pro tempore di Perugia, che confermando la elezione del preterito Commissario fatta dal Magistrato di essa Città, lo manda al governo di questo pubblico con maggiore, o minor autorità, secondo che gli pare più espediente" (56). La differenza non è solo terminologica, ma è da riferire al grado di importanza dei castelli da amministrare: avevano, infatti, "titolo di commissari et podestà quelli che governano le castella principali et vicarii sono quelli che sono deputati in castella et luoghi inferiori" (57).
In una riformanza perugina del 1537, si parla di Fratta e Castiglione del Lago "que admodum sunt populosa et primaria eiusdem civitatis et iusta confinia situata et non absque periculo et discrimine temporum varietatis consistunt". Nella risoluzione, dopo aver richiamato il fatto che i suddetti castelli, governati "sub regimine unius simplicis vicarii et multotiens inexperti et non soliti ad gubernium castrorum huiusmodi importantie et qualitatis et considerantes", si stabilisce che i medesimi siano retti ed amministrati da "viris providis civibus Perusinis idoneis et qualificatis sub nomine et officio potestatis", essendo il podestà un "vir probus et gravis civis Perusinus ? et cum salario et provisione quinquaginta florenorum" (58). Tale riformanza venne confermata da papa Paolo III, con breve del 2 marzo 1539 (59).
Nello statuto di Fratta tre erano i tipi di consigli (60), composti da "Homini savii et discreti" designati ad "exercitare et conselglare tutte quille cose le quali epssi cognosceranno essere utile et necessarie per lo comuno de dicto castello et homini di epsso et le inutile pretermetteranno". Il primo, per importanza, era il consiglio generale, costituito da un uomo per ogni focolare, ovvero dal capofamiglia, che doveva avere almeno venti anni o, quantomeno, essere il maggiore.
Per rappresentanza, il consiglio "dei quaranta" (61) costituiva l'istituzione più significativa, a cui era demandata l'elezione dei quattro difensori (di cui si dirà tra poco), i tre sopra la guardia, il sindaco (62), il cancelliere, il camerlengo e gli ambasciatori; il consiglio, inoltre, doveva deliberare, con almeno i due terzi dei presenti, sulle entrate e uscite comunitative (63). I consiglieri, i cui nominativi dovevano essere riportati nel registro delle riformanze e la cui durata in carica era a vita, erano obbligati a giurare uno ad uno davanti al cancelliere e a partecipare alle sedute pubbliche, sotto pena di cinque soldi di denari per ogni assenza immotivata. Al consiglio era consentito spendere una somma di 50 libbre di denari, oltre l'ordinario stabilito.
Altro consiglio era il consiglio segreto o minore o "dei dodici", costituito da quattro difensori, tre officiali sopra la guardia, il camerlengo generale del Comune e quattro consiglieri.
Particolari disposizioni, sempre nello statuto, disciplinavano lo svolgimento dei consigli cittadini. La sera prima della seduta, il cancelliere e il consiglio segreto preparavano l'elenco dei temi da discutere all'ordine del giorno, i cosiddetti "partiti"; venivano quindi distribuite dodici fave bianche e dodici nere e si procedeva al voto: l'approvazione delle petizioni era valida, infatti, se otteneva i due terzi dei voti. Poi si doveva mostrare l'elenco degli argomenti al podestà, il quale doveva valutare se le proposte fossero state contrarie "ad lo Stato ecclesiastico" o alla "cita de Perosa". Solo allora il balio, al suono della tromba e con chiara voce, avrebbe bandito il consiglio generale nei "lochi publici" del castello e dei borghi (64). All'inizio della seduta pubblica, il cancelliere leggeva i punti all'ordine del giorno ed ogni membro (65) si esprimeva su ciò che "cognosciara essare utile al comuno remosso da se hodio amore timore prece prezzo et omni altra humana gratia". Il cancelliere trascriveva quindi ogni proposta - "de verbo ad verbum" - approvata, con il consueto sistema delle fave bianche e nere, dai due terzi dei voti.
Norme particolarmente rigide erano previste circa la condotta che i partecipanti alle sedute pubbliche dovevano tenere. Dieci libbre di denari di multa venivano inflitte a quanti innescavano risse o tumulti, venti libbre a chi offendeva i difensori o altri officiali. Quanti poi intervenivano, non essendo il proprio turno, erano tenuti al pagamento di due soldi di denari. Se, infine, il numero delle fave restituite non era esatto, c'era una pena di 20 soldi di denari. Spettava al podestà far rispettare il pagamento delle contravvenzioni e, se necessario, eseguire dei pignoramenti entro otto giorni dalla condanna.
I difensori (66) erano quattro "boni homini", scelti fra gli allibrati e gli accatastati nel castello di Fratta con almeno 30 libbre di denari, in carica per quattro mesi. Le norme statutarie stabilivano che la cerimonia di insediamento iniziava solennemente nella chiesa di San Francesco, con una messa cantata; seguivano poi i saluti di benvenuto del cancelliere - nell'edificio comunale - il quale leggeva quei passi dello statuto che riguardavano i compiti del difensore, "ad exaltatione del bene administrato officio et ad exortatione del futuro in melglo exercitarsi si commo melglo sapara"; nell'occasione, i vecchi difensori presentavano il quadro della situazione ai nuovi. Tra i compiti dei difensori, che partecipavano al consiglio segreto e a quello pubblico o generale, per "dire et conselgliare quelle cose le quale al comune seranno piu utile expediente et necessarie", rientravano: il mantenimento del pacifico stato del castello, in accordo con il podestà e con il suo vicario; la corretta amministrazione delle risorse finanziarie della cosa pubblica; la vigilanza che le entrate ordinarie, come ad esempio quanto incassato dalle condanne, dalle imposte e da proventi diversi, fossero gestite dagli ufficiali preposti, camerlenghi e daziari in modo particolare; infine, l'attenta gestione dei beni pubblici, fra i quali le comunanze. Nel caso in cui i difensori avessero fatto delle spese a carico del Comune, erano tenuti al risarcimento delle medesime e se, con il proprio operato, avessero indirettamente arrecato danno alla comunità, "siano de loro proprio tenuti de emendare". Anche i difensori, come altre figure pubbliche, al termine del mandato venivano sindacati dal podestà, ed erano soggetti alla pena di cento soldi di denari per eventuali negligenze in cui fossero incorsi.
Le corporazioni delle arti, com'è noto, costituivano una componente essenziale del tessuto sociale ed economico cittadino e, nell'ambito delle istituzioni locali, non poteva certo mancare una rappresentanza di tali categorie. Lo statuto di Fratta stabiliva che l'assemblea di ciascuna delle dieci arti eleggesse, per insaccolamento, il proprio rettore, il quale, entro dieci giorni dall'insediamento del nuovo podestà, era tenuto a "produrre li ordini statuti et matricola loro [degli artieri]" sotto pena di 100 soldi di denari. Ai rettori, che rimanevano in carica sei mesi, spettava vigilare sugli appartenenti alle varie arti, i cui membri, gli artieri, dovevano prestare giuramento e partecipare alle "luminarie" stabilite (processioni) e, soprattutto, ai consigli pubblici. Il podestà, assieme ai difensori, aveva il compito di "confermare et omologare" i rettori, attraverso pubblica scrittura del cancelliere, e "dare ad epssi rectori et artefici ad iutorio conselglo et favore" (67).
Il camerlengo o camerario, l'ufficiale che incassava i proventi e le rendite comunitative ed eseguiva i pagamenti, secondo la forma delle bollette da infilzare o delle polizze controfirmate dai difensori, era definito"summamente utile et necessario" (68). In occasione del giuramento ad inizio di mandato, il podestà lo doveva "constrengere de fare et operare el suo officio ad buona fede senza fraude". Tutte le operazioni contabili effettuate dall'ufficiale dovevano essere registrate dal cancelliere, con l'indicazione dei nomi, della data e della ragione del pagamento, in apposito libro di entrate e uscite. Il camerlengo era tenuto a rendere conto del proprio operato ed era sottoposto a sindacato, al termine del mandato che durava quattro mesi e per il quale percepiva un salario di 30 soldi di denari, dopo aver consegnato la documentazione in suo possesso al nuovo camerlengo. Eventuali negligenze erano punite a discrezione del podestà e dei "revisori delle ragioni del Comune", ufficiali dal duplice incarico: a) "examinare calculare et afixare si et in tal modo che ne contra al comuno ne contra dello officiale ne de altra persona alcuno inganno errore o fraude ci sia"; b) "ricevere et tolglere omni condenpnagione che facta fosse per lo potesta o qualunche altro officiale del ditto comuno" (69). Detti ufficiali rimanevano in carica un anno, con un salario di dieci soldi di denari, e calcolavano in otto giorni le "revisioni", cioè gli accertamenti di natura contabile su ogni ufficiale del Comune. Erano sottoposti a sindacato e potevano incorrere in una multa di 20 soldi nel caso di eventuali errori.
Il mandato di esecuzione dei pegni, che colpiva quanti non potevano far fronte al pagamento delle imposte, era affidato al "massaro" o camerlengo dei pegni (70), ufficiale scelto tra i difensori, in carica per quattro mesi. Spettava al massaro la registrazione di tutti i pegni e la loro restituzione, una volta concluso il mandato, con la polizza del podestà o degli ufficiali che ne avevano ordinato l'esecuzione, al costo di tre denari per ogni pegno. Coloro che avevano subito il pignoramento erano sollecitati a recuperare i propri pegni, entro otto giorni dopo il termine del mandato del vecchio massaro, sotto pena di vendita dei medesimi da parte del nuovo (71). Finito il proprio mandato, il massaro si recava dal podestà per rendere ragione del suo operato ed essere sindacato. Scontava una multa di 20 soldi di denari in caso di negligenza.
La riscossione dei dazi e delle colte, ordinarie e straordinarie, tanto di Fratta quanto di Perugia, era di competenza del "coltore" (72). L'ufficiale, che giurava in principio di mandato di "fare bene et legalmente et senza fraude" e di osservare le norme statutarie, doveva provvedere a redigere un catasto degli allibrati, riportando per ciascun allibrato le relative somme e le date dei pagamenti (73). Il coltore esercitava il proprio officio per sei mesi o un anno a discrezione del consiglio, percepiva tre denari ogni libbra alla grossa per ciascun "subsidio integro" relativo all'accatastamento e un soldo per ciascuna colta o salario, rilasciando regolare polizza di quanto ricevuto. Era sottoposto a sindacato e pagava 100 soldi di denari per ogni negligenza commessa.
Tutta la materia relativa alla difesa e all'ordine pubblico viene trattata nel primo libro dello statuto di Fratta, alla rubrica 28. Il testo dedica particolare attenzione alla "cura et diligente guardia di epsso castello". Gli "officiali sopra la guardia" (74) erano tre "fidelissimi", frattegiani e perugini, in carica quattro mesi; essi si occupavano della "reparatione delle mura fortilitie, porte, ponti, strate, retiglarie, monitioni et tutte le altre cose necessarie et opportune ad la bellezza fortezza guardia et cura de ditto castello", soprattutto in "tempo di sospecto in dare et far fare le guardie, mettere e mandare spie vedette" (75). La fiera che si teneva periodicamente a Fratta poteva essere occasione di disordini, potenzialmente pericolosi, ai quali bisognava far fronte con un nucleo di almeno 25 uomini armati. Quanto alle armi, solo agli ufficiali sopra la guardia era consentito portarle, mentre gli uomini armati non potevano spostarsi senza fondata ragione e senza espressa licenza dei superiori, del podestà e dei difensori; soprattutto in tempi difficili, il podestà e il cancelliere erano tenuti ad ispezionare gli armati una volta di giorno e una di notte. Costantino Magi annota che, nel corso degli anni successivi all'approvazione dello statuto, "così richiedendo la mutazione dei tempi", si radicò la prassi di eleggere "in luoco di quelli, che appartengono alla Guardia due Caporioni, i quali in occasione della Fiera, e di sede vacante, e di guerra, sovraintendono alla custodia della Terra" (76).
Per completare il quadro delle istituzioni di Fratta è necessario menzionare altre figure, con specifiche mansioni e competenze, quali:
- i viari (77), cui spettava mantenere, conservare in buono stato e far riparare vie, pozzi, fonti e ponti, dagli abitanti del luogo o dalla comunità, a seconda dell'entità del lavoro. Potevano ricevere anche le lamentazioni dei cittadini. Erano previste ispezioni mensili, assieme al podestà e al vicario, sui lavori fatti o da farsi;
- i terminatori (78), che dirimevano le controversie riguardo ai termini e ai confini di proprietà, causa "spesse volte morte de hominj et ruine de famelgle". Sentite le parti e presa visione dei luoghi, comunicavano le loro decisioni al podestà e al cancelliere perché le facessero osservare;
- gli stimatori dei danni dati (79), sopra le proprietà danneggiate, "nelli beni de altri tanto de dì quanto de notte personalmente o cum bestia", anche nei territori al di fuori del circondario di Fratta. Ricevano due soldi di denari ad ogni stima e, per il loro servizio, si servivano delle guardie segrete dei danni dati che raccoglievano informazioni e denunce e le facevano registrare, entro otto giorni dal fatto, "in el libro delle acuse";
- le guardie della notte (80), per la denuncia di quelle persone che si trovavano fuori di casa senza lume, dopo il suono della campana, esclusi i fornai;
- gli ambasciatori della comunità (81): per la consegna dei documenti erano soggetti a vari vincoli, fra i quali quello di non riferire ai destinatari null'altro rispetto al contenuto dello scritto, di non ritardare né differire le ambasciate per lucro o altre ragioni, con danno del bene comune e di "emendare omni danpno et interresse che el comune patisse et ricevesse per tal causa ad la stima di quel danpno"; infine, di tornare e fornire una relazione entro tre giorni, sotto pena di non essere retribuiti;
- i registratori dei debiti e dei crediti del Comune (82), le cui annotazioni venivano trascritte dal cancelliere su apposito bollettino, con i nominativi e le somme dovute;
- i baili (83), che eseguivano gli ordini impartiti soprattutto dal podestà, ma anche dai difensori e da altri ufficiali del Comune. La documentazione, che doveva essere trasmessa in breve tempo, era costituita da disposizioni relative all'esecuzione di pegni, licenze, sentenze, conti del daziario o coltore dei sussidi e colte del Comune, oppure cedole di citazione, sequestri e protesti. La frode, l'appropriazione indebita dei pegni o la citazione non eseguita erano punite con un'ammenda di 100 soldi di denari.
Durante la ribellione che scoppiò nel 1540 a Perugia, in seguito all'innalzamento della gabella sul sale, Fratta si mantenne "fedelissima alla S. Sede". Gli amministratori pro tempore del castello "risposero, che non volevano governarsi col consiglio loro [dei Perugini], ma che avevano il Papa per loro Principe, per il quale conservarebbero la Fede, e l'Armi, fino all'ultimo Spirito, costanti sempre nell'ossequio, e fedeltà verso il Pontefice. Spedì perciò S. B. Privilegio di Fedeltà, obbligando la Città di Perugia a dare il Sale a questa Terra per sempre al prezzo, che prima correva" (84).
Già in altra occasione, nel 1534, quando Rodolfo Baglioni s'impadronì di Perugia, Fratta era rimasta fedele alla Chiesa, evitando lo smantellamento delle mura, l'anno seguente, per ordine di papa Paolo III (85). Non va dimenticato, d'altro canto, che era prerogativa del potere centrale la nomina dei castellani di Fratta, gli ufficiali preposti alla difesa, "ragguardevoli per la qualità della nascita, e negli esercizii militari longamente addottrinati, che la tenevano provista di soldatesca, munizione, e beni" (86).
La cosiddetta "guerra del sale" (1540) segna l'inizio, com'è noto, della piena dominazione pontificia sulla città di Perugia, non senza conseguenze anche per il castello di Fratta. Infatti, dopo il 1540 vennero "tolti" i salariati attivi presso questa comunità, cioè i tre sopra la guardia, il cancelliere, il camerlengo, il sindaco, il medico ed il maestro di scuola, il depositario dei pegni, il massaro delle armi ed arnesi del Comune, il daziario del sussidio, il daziario del salario, gli officiali delle vie, i terminatori e gli stimatori dei danni dati, gli ambasciatori del Comune, i registratori e i revisori delle ragioni del pubblico (87). Si assiste quindi ad un vero e proprio giro di vite, nei confronti delle varie istituzioni frattegiane, che risparmiava soltanto gli organi più importanti, vale a dire il commissario, i difensori (88) e il consiglio.
Nella sua storia, Fratta conobbe soltanto una volta una dominazione diversa da quella perugina. Infatti nel 1550, per pochi mesi, il castello venne retto dai tifernati. Fu papa Giulio III che, con motu proprio del 22 febbraio (89), concesse "a Paolo, e Giovanni di Niccolò Vitelli Domicelli della Città di Castello la Fratta con tutto il suo territorio, ville, rendite, e Proventi costituendoli insieme coi loro Discendenti Vicarii, e Governatori con molti Privilegii etiam Potestate Gladii", in cambio di una libbra di cera all'anno da corrispondersi alla Camera apostolica. La perdita di Fratta, per Perugia, avrebbe senza dubbio comportato un forte indebolimento, sia sul piano politico che su quello militare. Dopo un primo tentativo, andato a vuoto, di interloquire con il pontefice e di farlo tornare sui suoi passi, i conservatori dell'ecclesiastica obbedienza perugini inviarono alla Corte di Roma Balduino Del Monte, fratello del papa. Quest'ultimo, meglio informato "del molto danno, ed incomodo, se detta terra, ed il territorio di essa si separasse, e si dismembrasse dalla Città [di Perugia], perciò rivocò la concessione, e ripose Perugia nel suo primiero possesso" (90).
La perdita di gran parte della documentazione dell'archivio storico comunale, relativa al periodo compreso tra la metà del XVI e gli ultimi anni del XVII secolo (91), non consente di stabilire se vi siano stati particolari cambiamenti, dal punto di vista delle istituzioni. Le fonti pervenute ci tramandano soprattutto puntuali testimonianze per gli anni 1643-1644, quando, nel pieno della guerra di Castro, l'esercito fiorentino assediò Fratta ma fu costretto a ritirarsi a causa della imprevista resistenza del castello, resa più salda da una situazione meteorologica particolarmente avversa per gli assedianti (92).
Risalgono agli ultimi anni del Seicento alcune vistose irregolarità, in ordine alla convocazione ed allo svolgimento dei consigli pubblici.
Nel 1694, il commissario di Fratta Orazio Paltoni espresse le proprie lamentele al delegato apostolico di Perugia, sul fatto che il numero dei presenti alle assemblee non fosse mai sufficiente: le norme statutarie prevedevano la presenza di 40 membri, ma spesso non si raggiungevano le 30 unità, annullando così la validità dell'assemblea. Il commissario era dell'idea non solo di costringere a partecipare alle assemblee quanti erano tenuti a farlo, ma anche di poter inserire persone non previste dai regolamenti (93).
A pesanti conseguenze poteva portare la presenza non continuativa del commissario. Nel 1695 Simone Cristiani, neoeletto commissario, comunica al delegato apostolico che la carica di commissario è rimasta vacante per due mesi e che, in questo periodo, un sacerdote, contravvenendo alle disposizioni in materia, era entrato tra i consiglieri e subito fatto capo d'officio (94): il chierico, per giustificarsi, ricorda che già c'erano stati due casi simili, in precedenza, e che per questo il governatore non aveva preso alcun provvedimento punitivo. Il commissario, non sapendo come gestire la questione, chiese lumi sul da farsi (95). Ma circa un anno dopo Pietro Astorre Savelli, probabilmente uno dei difensori, facendo riferimento ai testi statutari perugini, rimarcava che il commissario in carica fosse in realtà privo dei requisiti richiesti e contravvenisse alle disposizioni in materia, poiché non era notaio iscritto alla matricola e proveniva da Fratta (96).
Gli anni che vanno dalla fine del Seicento alla prima metà del Settecento non sono contrassegnati da fatti di particolare interesse; ma a partire dagli anni Cinquanta del XVIII secolo si assiste ad un progressivo aggravamento di alcuni problemi, quali la formazione del bussolo e la scelta degli ufficiali (97). La stanchezza nei confronti della assunzione di responsabilità pubbliche non poteva essere contrastata solo con provvedimenti punitivi nei confronti dei rinunciatari, per cui, nel corso degli anni, si cercò di dare una risposta al problema, introducendo disposizioni, norme, figure istituzionali nuove che consentissero il corretto funzionamento del governo della comunità. Alcune importanti disposizioni statutarie, circa questi aspetti della vita amministrativa, erano da lungo tempo disattese, con la conseguenza che avevano finito per prevalere, tra gli amministratori, gli interessi di parte su quelli generali (98). Così, il consigliere Domenico Franceschini, mosso dall'intento di adottare misure atte a limitare inadempienze burocratiche e tensioni derivanti da litigiosità tra i consiglieri, nella seduta del 20 ottobre 1743 propose di designare "sei persone delle più capaci, [?] con darli anche l'arbitrio di rimettere in pristino molte buone, e saggie disposizioni del nostro Statuto ? e di fare in somma tutto ciò, che li parerà opportuno per buon regolamento di questa Communità ? in tal modo credo, che si darà fine alle liti, e si rimetteranno gl'animi in quiete, come tutti desiderano" (99). In seno all'assemblea vennero pertanto scelte sei persone, tre della cosiddetta "prima sfera" (Cesare Francesconi, Bartolomeo Petrogalli e Filippo Savelli) e tre della seconda (Domenico Franceschini, Francesco Guerrini e Carlo Vibi) le quali, il 6 dicembre dello stesso anno, riuscirono a "comporre le differenze". Le risoluzioni adottate riguardavano (100):
- La formazione del nuovo bussolo (cap. 1) che fissava a due anni la durata delle cariche: i quattro difensori, cioè uno per sfera, che dovranno essere rinnovati ogni quattro mesi, ed i tre conservatori della sanità o consultori della comunità, per la custodia delle porte in tempi di contagi e sospetti e per il restauro di mura ponti e fonti. Rimanevano in carica un anno, invece, i due ufficiali della Madonna della Reggia, i due sindicatori, i due stimatori pubblici, i due portinari e i due sindici;
- I difensori e conservatori della sanità (cap. 2);
- I consiglieri particolari dei difensori (cap. 3): trattasi degli ex difensori, i quali mettevano a disposizione dei successori la propria esperienza;
- La convocazione e la tenuta del consiglio (cap. 4). Viene in particolare stabilito che il consiglio dei 12, composto da 12 persone più il commissario e cioè quattro difensori, quattro consiglieri, tre conservatori della sanità ed il camerlengo, ha la facoltà di convocare il consiglio generale e può decidere su molteplici questioni, fuorché sulle nuove imposizioni, sull'erezione dell'abbondanza, sull' "introduzione" di litigi e su altri affari importanti;
- I salariati (cap. 5): sono il medico, il chirurgo, il maestro di scuola e i predicatori. In osservanza di tale norma, gli incarichi potranno essere affidati non solo dietro presentazione di lettere commendatizie, ma soprattutto sulla base dei curricula dei concorrenti;
- La "rinnovazione" di alcune pene, sui proventi da privativa (cap. 6);
- L'accompagnamento del Magistrato nelle pubbliche funzioni (cap. 7).
Dalla documentazione al riguardo, tuttavia, non è chiaro se ed in che misura dette risoluzioni, approvate dalla Sacra Consulta l'anno successivo, siano state poste in essere e, conseguentemente, abbiano garantito il regolare funzionamento degli uffici pubblici di Fratta. Gli sviluppi della situazione rimanderebbero direttamente al 1787, anno in cui l'avvocato perugino Silvestro Bruschi, in esecuzione del breve di Pio VI datato 19 aprile 1785, viene nominato giudice commissario e visitatore generale delle comunità del territorio di Perugia per conto del governatore generale dell'Umbria, monsignor Angelo Altieri. Il 28 gennaio di quell'anno si tenne il consiglio generale di Fratta avanti il visitatore e con l'assistenza dei deputati ecclesiastici, con la motivazione di "un notabile sbilancio e molti abusi" (101). Emersero infatti, dai controlli effettuati, vistose irregolarità amministrative da ascrivere alle commistioni nell'esercizio delle funzioni assunte dagli amministratori, alle quali si aggiungeva un pesante indebitamento di Fratta nei confronti di Perugia (102). Vennero pertanto proposti due assistenti sugli affari pubblici, il canonico don Emanuele Cantabrana e il laico Paolo Mazzaforti, come pratici degli interessi della comunità; inoltre, avendo rilevato che il numero dei consiglieri non era fisso, Bruschi ordinò che l'imbussolamento si svolgesse alla sua presenza. Infatti, dalla "prudente elezzione dei Magistrati, ed economico sistema di qualunque interesse publico" dipendono "il buon governo e conservazione delle comunità": ciò dipendeva dal fatto che, nel consiglio generale, "vari sono gli abusi vigenti, ed in specie di non sapersi mai, quale debba essere il preciso numero dei consiglieri". Il decreto del Bruschi stabilì che era indispensabile la presenza di almeno 24 consiglieri, "persone possidenti, di buon costume, e capaci", lo stesso numero, cioè, degli individui che componevano il bussolo della magistratura, fino a raggiungere il numero massimo di 30 con i membri onorari; e che, per la validità della seduta, erano necessari almeno i due terzi dei consiglieri (103). Particolare attenzione è riservata alla redazione e conservazione delle pubbliche scritture, in modo tale che "ad ognuno dei quattro priori si consegni la sua chiave della publica cassa, ove oltre i documenti, e ricevute originali interessanti la comunità si tenga onninamente chiuso il sigillo grande custodiale e gli altri tutti, eccetto quello delle lettere da rimanere presso il segretario, secondo il solito"; inoltre, che "sia cura del magistrato il farsi, che dal segretario si tenghino tutti li libri con esattezza, e sia sempre al paro nel registro degli atti" (104).
Il decreto di approvazione della visita, firmato e timbrato dal Bruschi, reca la data del 16 settembre 1787 (105).
La Rivoluzione francese e l'ingresso delle armate napoleoniche in Italia inaugurano un periodo storico particolarmente dinamico che cambiò l'assetto politico e istituzionale degli Stati della penisola con clamorosi mutamenti di regimi, di regnanti ecc. per una quindicina d'anni, durante i quali viene introdotto un nuovo modello di organizzazione amministrativa della cosa pubblica. Le realtà periferiche come Fratta, tuttavia, recepiscono con una certa lentezza le nuove direttive e i cambiamenti politico-istituzionali: il vecchio e il nuovo, pertanto, si sovrappongono, si scontrano ma si amalgamano con evidente difficoltà. Nel 1798, il prefetto consolare del Cantone di Fratta, Giuseppe Savelli, nella impossibilità di designare gli "edili", propose di ricorrere a candidati non frattegiani al fine di dare una risposta al responsabile del Dipartimento del Trasimeno, con sede in Perugia (106). L'autorità centrale, introducendo una procedura che rompeva una lunga tradizione, nominò allora delle persone scelte tra i notabili (107) e attribuì loro vari compiti ed uffici: la reggenza della "comune", presieduta provvisoriamente da Domenico Reggiani, era costituita dal pretore Lorenzo Vibi che, assieme a due assessori, giudicava le cause civili; vennero poi designati Giuseppe Agostini presidente, Giovan Battista Burelli segretario municipale, Giuseppe Paolucci questore, Felice Molinari edile ed Erasmo Mavarelli aggiunto. Nella stessa lista furono compresi anche i nominativi degli edili e degli aggiunti per le frazioni della Comune di Fratta (108). Venne inoltre organizzata la compagnia locale della Guardia nazionale, con un proprio comandante, fu abbattuto lo stemma pontificio e fu dato al Comune il nome di municipalità; nell'occasione, fu innalzato l'albero della libertà (109) ed il cittadino Giovan Battista Magi Spinetti "tenne un discorso inneggiando al glorioso evento". Nell'euforia dei rapidi cambiamenti politici, fu "dato fuoco ? ai documenti dell'archivio comunale", con la perdita di gran parte della memoria storica della comunità (110). Tuttavia, l'entusiasmo di quanti avevano salutato l'abbattimento del potere pontificio non durò a lungo. Infatti, "? la Repubblica dopo 18 mesi cadeva, ripristinandosi il Governo Pontificio, e le cose cambiarono, con dispiaceri sommi dei Repubblicani, che il Governo papale odiava, e faceva imprigionare, giacche la sbirraglia influenzava nella Polizia" (111).
Il 30 giugno 1799 venne convocato il consiglio dal maggiore Passerini, in rappresentanza del potere imperiale, con 15 partecipanti, ai quali fu notificata la nuova reggenza: nel testo è scritto che sarà formato a Fratta un governo provvisorio composto da sette persone deputate alla quiete e tranquillità del paese e a mantenere la truppa e a vigilare sui forestieri e sui sospetti (112). L'ultima deliberazione della deputazione provvisoria del periodo repubblicano risale al 25 settembre 1799 (113), mentre la deliberazione successiva, del 28 ottobre 1799, venne adottata dal consiglio "dei 12" composto da Lorenzo Vibi confaloniere, Vincenzo Mavarelli capo di magistratura, tre priori più sette consiglieri, Giuseppe Mazzaforti segretario (114).
Il 13 luglio 1809, Fratta venne elevata a governo di seconda classe, come già nel 1800, sotto Pio VII (115). Sotto la dominazione napoleonica "si formano nuovamente i Dipartimenti, e la Fratta torna Cantone, con la riunione dei medesimi luoghi, con un giudice di pace, Griffier Uscieri, ed un merre [sic] amministrativo" (116): il generale Miollis, comandante superiore nelle province dell'Umbria, incaricato della Consulta straordinaria degli Stati Romani, nomina Domenico Bruni maire di Fratta con nota del 13 luglio 1809 (117). Sono sostituiti gli stemmi (118) e viene assegnato a Fratta un maire e dei consiglieri municipali con un circondario uguale a quello avuto nel regime repubblicano (119). Vi sono poi un aggiunto e dieci consiglieri municipali (120). Con il Bollettino della Suprema Consulta di Stato n. 123 del 23 novembre 1810, confermato con decreto imperiale 3 gennaio 1812 inserito nel Bollettino delle leggi al n. 416, Fratta veniva dichiarata capoluogo di Cantone con aumento di territorio formato da altre frazioni; veniva istituito un tribunale sotto il titolo di Giudicatura di pace, "che aveva soggette diverse comuni, castella e villaggi". In più, era istituito l'ufficio di Stato civile (121). Conclusasi l'esperienza napoleonica e ripristinato il potere pontificio, il 14 marzo del 1814, Menicone Meniconi, in qualità di commissario speciale, veniva spedito in Fratta da monsignor Cesare Nembrini delegato apostolico, per ripristinare il potere pontificio: costui nominò una giunta comunale provvisoria nelle persone del dottor Lorenzo Vibi, Pietro Crosti, Silvestro Martinelli, Giovanni Giovannoni; Tommaso Paulucci commissario e giudice (122). La prima riformanza pontificia dopo la Restaurazione reca la data del 16 maggio 1814, giorno in cui giunse a Fratta Menicone Meniconi, per conto del delegato apostolico, con lettera del 12 maggio per la designazione dei membri della commissione provvisoria quali Lorenzo Vibi presidente, tre consiglieri (Pietro Crosti, Silvestro Martinelli e Giovanni Giovannoni) ed il segretario Giovanbattista Burelli (123). Ai citati cittadini spettò la designazione, sempre il 16 maggio, di una rosa di tre nomi per la scelta del giusdicente locale e il 19 maggio la preferenza cadde su Tommaso Paolucci, eletto con lettera del 17 maggio (124).
Nel 1816 Tommaso Paolucci governatore di Montone, su disposto della delegatizia del 16 novembre, nomina Domenico Reggiani sindaco di Fratta, che è appodiata a Montone (125).
Con il motu proprio 6 luglio 1816, Fratta non è più capoluogo di governo ma semplice comune, amministrato da Perugia per mezzo di un sindaco (126): sarà di nuovo comune di residenza dei governatori nel 1817, grazie al Riparto emanato dal segretario di Stato cardinal Ercole Consalvi (127).
La nuova statistica del 1833, con cui lo Stato veniva diviso in legazioni, delegazioni e governi di prima, seconda e terza classe, confermò Fratta capoluogo di governo di seconda classe (128): a capo di questa circoscrizione c'era un governatore con competenza a giudicare fino a scudi 200, e comprendeva i comuni di Fratta, Montone e Pietralunga (129).
La svolta più importante della vicenda storica di Fratta, piuttosto complessa e non di rado travagliata, reca la data del 12 settembre 1860, quando i soldati del generale Manfredo Fanti entrarono in Fratta e "questa Terra venne occupata dalle truppe piemontesi e ? venne proclamata una giunta provvisoria di governo con pieni poteri nelle persone dei signori Costantino Magi Spinetti, Raffaele Santini, Giuseppe Agostini e Luigi Igi" (130); risale al 14 settembre il decreto emanato dal Marchese Gualterio, commissario regio per le province di Perugia e di Orvieto, con cui veniva costituita una commissione municipale provvisoria, le cui attribuzioni ricalcavano quelle pontificie, in attesa della emanazione della nuova legge municipale; di tale commissione facevano parte Giuseppe Agostini facente funzione di priore, Lelio Lazzarini, Quintilio Magnanini, Luigi Santini e Giuseppe Bertanzi segretario (131). Ampi poteri furono assegnati al commissario generale straordinario per le province dell'Umbria, Gioacchino Napoleone Pepoli (132). Il decreto del 17 settembre, n. 5, confermava lo scioglimento dei consigli municipali esistenti al momento dell'occupazione piemontese, e istituiva le commissioni municipali provvisorie - di cui sopra - per provvedere all'amministrazione dei comuni fintantoché non si potessero svolgere regolari elezioni a norma della legge sarda.
(1) Cenni biografici in A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide, dalla sua origine fino all'anno 1845. Completata da Genesio Perugini, Umbertide, Tipografia Tiberina, 1883, p. 337.
(2) Il manoscritto, che traccia un profilo storico di Fratta dalle origini alla guerra di Castro, è - ad oggi - probabilmente la più antica storia di Fratta di cui si abbia notizia e venne redatto a cavallo tra XVII e XVIII secolo. È conservato, in originale, presso la Biblioteca Augusta del Comune di Perugia (d'ora in poi BAP), con collocazione ms. 1223. Copia integrale del medesimo venne prodotta, nel 1791, con alcune aggiunte, dal sacerdote perugino don Enrico Agostini, con il titolo "Unione di notizie spettanti alla Fratta di Perugia", ed a Civitella Ranieri: si tratta del manoscritto n. 261 conservato presso l'archivio dell'Abbazia di San Pietro in Perugia. Si precisa che le citazioni dall'opera del Magi fanno riferimento alla copia del manoscritto, essendo venuti a conoscenza dell'originale, nel corso delle ricerche bibliografiche, in un secondo momento.
(3) cfr. fondo Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1. Edizione a stampa: Statuti della Fratta dei figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521, a cura di B. PORROZZI, Associazione Pro-loco, Umbertide, 1980.
(4) Comune preunitario di Fratta, Visite del delegato apostolico, reg. 2.
(5) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, regg. 3-14. È necessario precisare che, per quanto riguarda i secoli dal XIII agli inizi del XVI, la consultazione di fonti documentarie perugine, quali gli statuti, ha consentito di colmare, almeno in parte, le lacune che caratterizzano l'archivio comunale di Umbertide per il periodo considerato.
(6) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... Porta S. Angiolo, Archivio dell'Abbazia di S. Pietro in Perugia, ms. 295. Fratta è descritta alle pp. 693-795.
(7) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... op. cit.
(8) U. PESCI, Storia di Umbertide, Gualdo Tadino, Tipografia R. Fruttini, 1932.
(9) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 11. Mariotti (p. 702) dà per certa tale etimologia dal verbo che significa appunto "munire, armare".
(10) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 8; A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., p. 696.
(11) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., pp. 7-8.
(12) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 43.
(13) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 697-698.
(14) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., p. 697.
(15) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., p. 697; A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide cit., p. 19.
(16) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 9.
(17) La località non è stata individuata con certezza, ma sembra più probabile trattarsi di Pietralunga. La scarsità di testimonianze archeologiche, tali da provare che esistesse un insediamento in corrispondenza del castello di Fratta o nel territorio circonvicino già nell'antichità, rende vano, di fatto, il tentativo di fare luce su questo periodo storico. A tale riguardo, cfr. M. GAGGIOTTI, D. MANCONI, L. MERCANDO, M. VERZÀR, Umbria Marche, Bari, Laterza, 1980 (Guide archeologiche Laterza, 4), p. 168-169.
(18) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 704-705. A tale riguardo, Pesci annotava che "Fratta è fra i numerosi castelli, che a guisa di fitta rete, sorsero nei domini dei Marchesi di Toscana e fu chiamata Fracta Filiorum Uberti dal possesso che ne ebbero i discendenti di Umberto Ranieri" (U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., pp. 9-10).
(19) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 705-708.
(20) "Fracta Filiorum Uberti" fu la denominazione ufficiale di Fratta, nei documenti d'archivio. A partire dai primi decenni del Cinquecento, le fonti documentarie parlano semplicemente di Fratta (più raramente: Fratta perugina), toponimo mantenuto fino al 1863, quando la comunità assunse il nome di Umbertide. Circa le circostanze e le motivazioni che portarono al cambiamento della denominazione, si veda il profilo storico del soggetto produttore Comune di Umbertide. Per ulteriori particolari su "Fracta Filiorum Uberti", si veda C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., pp. 8-9.
(21) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., p. 709; U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 10. Cfr. inoltre: M. PETROCCHI, Le "sommissioni" alla città di Perugia nell'età di Federico Barbarossa, in Storia e arte in Umbria nell'età comunale. Atti del VI convegno di studi umbri ..., Perugia 1971, pp. 253-269: per Fratta si vedano in particolare le pp. 265-266; A. BARTOLI LANGELI, Codice diplomatico del Comune di Perugia. Periodo consolare e podestarile (1139-1254), I, Perugia, Deputazione di storia patria per l'Umbria, 1983, pp. 28-30, documento n. 11.
(22) Nel 1587 monsignor Innocenzo Malvasia, visitatore apostolico delle comunità dell'Umbria, descrivendo il contado di Perugia così si espresse, a proposito di Fratta: "Delle castella ve ne sono alcune come terre grosse, le prime delle quali più civili sono la Fratta, celebre per lo mercato, per l'arte del ferro che ci si lavora in ogni maniera, oltre all'altre arti de' figuli et di tappezzerie...". Cfr. G. GIUBBINI - L. LONDEI, Ut bene regantur. La visita di mons. Innocenzo Malvasia alle comunità dell'Umbria (Perugia, Todi, Assisi), Perugia, Volumnia Editrice, 1994, p. 82.
(23) A. GROHMANN, Città e territorio tra medioevo ed età moderna (Perugia, secc. XIII-XVI), Perugia, Volumnia Editrice, 1981, Tomo II: Il territorio, pp. 935-936. Giurisdizione e territorio di Fratta sono descritti nel primo volume degli statuti perugini: "Insigne castrum Fracte Filiorum Uberti situm, et vulcaniis fabris celebre, habet iurisdictionem, et territorium a dicto castro infra Tiberim...": Statuta augustae Perusiae, I, Perusiae, per Hyeronymum Francisci Baldassaris de Chartulariis, 1526, rubr. 197, Additio: "De terminatione et diffinitione territorium castrorum et universitatum comitatus", cc. 67v-68r.
(24) Statuto del Comune di Perugia del 1279. Testo edito da S. CAPRIOLI, con la collaborazione di A. BARTOLI LANGELI, C. CARDINALI, A. MAIARELLI, S. MERLI, Perugia, Deputazione di storia patria per l'Umbria, 1996 (Fonti per la storia dell'Umbria, 21), vol. I, p. 25, rubrica 18 ("Qualiter comitatenses cogantur facere servitia communi Perusii").
(25) Statuto del Comune di Perugia del 1279... cit., vol. II, pp. 347-348, rubrica 371 ("Qualiter puniantur castrum villa non servientes communi Perusii, et non euntes in exercitu").
(26) Statuto del Comune di Perugia del 1279... cit., vol. II, pp. 277-278, rubriche 278 ("Qualiter castrum et villa vel specialis persona puniantur receptans exbannitos communis Perusii") e 279 ("Qualiter potestas et capitaneus debeant invenire et capi facere exbannitos communis; et de electione notariorum qui transcribant exbannitos; et de berogariis pro capiendis exbannitos").
(27) Statuto del Comune e del Popolo di Perugia del 1342 in volgare. Edizione critica a cura di M. SALEM ELSHEIKH, Perugia, Deputazione di storia patria per l'Umbria, 2000 (Fonti per la storia dell'Umbria, 25), vol. II, p. 213: libro III, rubrica 188.
(28) Statuto del Comune e del Popolo di Perugia del 1342 in volgare... cit., vol. II, pp. 298-302: libro I, rubrica 83 ("De le podestarie del contado e destrecto de Peroscia").
(29) Ibidem.
(30) Cfr. inoltre Statuta augustae Perusiae... cit., vol. I, rubr. 196, cc. 67rv.
(31) Archivio di Stato di Perugia (d'ora in poi: ASP), Archivio storico del Comune di Perugia, Consigli e riformanze, n. 198, cc. 130v-131v, 12 dicembre 1396 (a c. 131 la rubrica recita "De salario predictis officialibus deputandis et deputatis arrigendis").
(32) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 712-713; A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide? cit., p. 39; U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 12.
(33) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 12.
(34) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., p. 714; A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., pp. 39-40; U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 13.
(35) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., pp. 22-24.
(36) BAP, ms. 2011, pp. 38-39; U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., pp. 33-34.
(37) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 41. Nel 1517 si compì l'ennesimo assalto di Fratta, ad opera delle milizie di Francesco Maria I, duca d'Urbino, il quale, poco dopo, si sarebbe diretto contro Città di Castello (U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 42).
(38) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 714-716.
(39) A. GROHMANN, Città e territorio tra medioevo ed età moderna... cit., p. 936; A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide? cit., p. 43. Si tratta della rocca in cui, pochi anni dopo, verrà imprigionato Braccio Fortebraccio da Montone.
(40) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 719-720. La riconquista di Fratta fu opera di Biordo Michelotti.
(41) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 726-727.
(42) A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 732-739. Guido e Astorre Baglioni recuperarono Fratta, occupata per lungo tempo dagli Oddi. Ulteriori particolari in C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., pp. 22-23.
(43) Comune preunitario di Fratta, Statuto, reg. 1. Una sintesi ed una prima descrizione dello statuto apparvero oltre un secolo fa in G. MAZZATINTI, Gli Statuti d'Umbertide del 1362 e 1521, in Gli archivi della storia d'Italia, a cura di G. MAZZATINTI, III, Rocca S. Casciano, Licinio Cappelli editore, 1900-1901, pp. 379-384; successivamente in F. BRIGANTI, Città dominanti e comuni minori nel medio evo con speciale riguardo alla repubblica perugina, Perugia, Unione tipografica cooperativa, 1906, p. 256. Edizione moderna: Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521, a cura di B. PORROZZI, Umbertide, Associazione Pro-Loco di Umbertide, 1980. Si veda inoltre: Repertorio degli statuti comunali umbri, a cura di P. BIANCIARDI e M. G. NICO OTTAVIANI, Spoleto, Centro italiano di studi sull'alto medioevo, 1992 (Quaderni del "Centro per il collegamento degli studi medievali e umanistici nell'Umbria", 28), pp. 286-287, progressivi 528-530.
(44) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 26.
(45) Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., p. X.
(46) Comune preunitario di Fratta, StatutI, reg. 1, c. 1r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., p. 3). Secondo il Porrozzi, l'opera venne probabilmente portata a termine entro l'anno.
(47) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 26. Il notaio, di cui sopra, doveva essere iscritto alla matricola dei notai perugini, per la verbalizzazione e la redazione delle scritture di interesse pubblico: Statuto del Comune e del Popolo di Perugia del 1342 in volgare... cit., libro I, rubr. 83 ("De le podestarie del contado e destrecto de Peroscia"), pp. 298-302: elenco delle comunità in cui le autorità perugine inviavano il podestà. Ai due famuli, invece, venivano impartiti incarichi ed ordini da parte del magistrato e del cancelliere.
(48) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 5, cc. 3r-4v (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 7-8).
(49) Ibid. e rubrica 8, cc. 7v-9r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 13-16).
(50) Ibid., rubrica 15, c. 13r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 22-23).
(51) Ibid., rubrica 10, c. 9v (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., p. 17).
(52) Ibid., rubrica 19, cc. 17rv (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 29-30).
(53) Ibid., rubrica 6, cc. 4v-7r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 9-12).
(54) Ibid., rubrica 9, c. 9v (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., p. 16).
(55) Il commissario è menzionato, per la prima volta, in una lettera inviata al "vicario seu commissario castri Fracte", in data 5 febbraio 1530. Comune preunitario di Fratta, Corrispondenza del commissario, b. 241, fasc. 1.
(56) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 28. L'autore descrive i luoghi ed i vicariati soggetti al tribunale di Fratta.
(57) G. GIUBBINI - L. LONDEI, Ut bene regantur... cit., p. 92. Ibid., nota 67: commissari e vicari erano nominati dai priori di Perugia e confermati dal legato o governatore.
(58) ASP, Archivio storico del Comune di Perugia, Consigli e riformanze, n. 134, c. 127r, 9 dicembre 1537; A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 741-742, 760-761.
(59) P. PELLINI, Della historia di Perugia, parte III, con un'introduzione di L. FAINA, Perugia, Deputazione di storia patria per l'Umbria, 1970 (Fonti per la storia dell'Umbria, 8), pp. 601-603. Il documento in oggetto è riportato in: G. BELFORTI, Inventario regesto del diplomatico, cassetto VI, n. 105 (progressivo moderno 1123), 2 marzo 1539.
(60) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 37, cc. 34r-37r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 57-61).
(61) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 26, cc. 23r-24r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 40-41).
(62) Il sindaco era colui che doveva denunciare i malefici, commessi nel castello di Fratta, "secondo la forma et ordini delli statuti della cita de Perosa". Comune preunitario di Fratta, Statuto, reg. 1, rubrica 17, cc. 14r-15r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 25-26).
(63) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 26, cc. 23r-24r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 40-41).
(64) Lo statuto elenca dieci di questi punti in corrispondenza di crocevia, piazze, chiese e strade principali: Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 37, cc. 34r-37r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 57-61).
(65) I consiglieri erano tenuti ad alzarsi in piedi e a giurare sulle Sacre Scritture, pena la nullità della proposta e cinque soldi di multa.
(66) Ibid., rubrica 18, cc. 15r-17r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 26-29) e rubrica 27, cc. 24rv (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 41-42).
(67) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubriche 20-21, cc. 17v-19r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521? cit., pp. 30-33).
(68) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 22, cc. 19r-20r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 33-35).
(69) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 38, cc. 37r-38r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 61-63).
(70) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 23, cc. 19v-21r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 35-36).
(71) Nel caso, al camerlengo andava il ricavato di tale vendita.
(72) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 25, cc. 21v-23r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 37-40).
(73) Spettava al podestà, su segnalazione del coltore, far pagare chi non fosse in regola con le tasse; ogni possidente, d'altro canto, aveva diritto a farsi rilasciare una polizza che attestava i versamenti effettuati.
(74) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 28, cc. 25r-26v (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 42-45).
(75) Per le riparazioni alle mura e alle altre strutture difensive del castello era previsto uno stanziamento massimo di dieci libbre di denari.
(76) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 29.
(77) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 29, cc. 26v-27v (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 45-46). La durata del mandato era di un anno.
(78) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 30, cc. 27v-28r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 46-47).
(79) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubriche 31, cc. 28rv (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 47-48) e 32, cc. 28v-30r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 48-50).
(80) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 33, cc. 30rv (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., p. 51).
(81) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 34, cc. 30v-32r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 52-54).
(82) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 35, cc. 32r-33r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 54-55).
(83) Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 36, cc. 32v-34r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., pp. 55-57).
(84) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 18; U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 44.
(85) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., pp. 42-43.
(86) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., pp. 16-17. Questa devozione all'autorità pontificia, riconfermata nel tempo, può essere spiegata in termini più economici e politici che religiosi, in quanto venivano garantiti alle comunità minori un trattamento fiscale ed una autonomia più ampi rispetto a Perugia, sentita come troppo avida ed autoritaria.
(87) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., pp. 28-29.
(88) Specifica il Magi che "il detto magistrato [difensori] ritiene l'antico decoro".
(89) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 50.
(90) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., pp. 18-20; il motu proprio del provvedimento di revoca porta la data del 23 novembre 1550, ma per il Pesci (U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 50) è il 21 novembre. Cfr. inoltre A. MARIOTTI, Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 745-747.
(91) Nel 1799, parte della documentazione più antica di Fratta venne data alle fiamme dai rivoluzionari, sulla pubblica piazza, ai piedi dell'albero della libertà.
(92) C. MAGI, Descrizione della Fratta, e della Rocca... cit., p. 15; U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., pp. 59-61. Una corposa sezione del manoscritto del Magi, peraltro ricchissima di particolari, è dedicata alle "Memorie delle cose più notabili occorse nella Terra della Fratta, e suoi contorni per la guerra mossa da Ferdinando II Gran Duca di Toscana, e collegati contro Urbano VIII nell'anno 1643", pp. 45-89. Il Mariotti (Memorie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia... cit., pp. 752-754) riferisce che i fiorentini "dovettero sloggiare senza recarle [alla comunità di Fratta] verun nocumento".
(93) Queste le parole del commissario Orazio Paltoni: "Il numero determinato de Consiglieri di questa Terra deve ascendere a quaranta, e questo come vedrà dall'annessa nota, benchè vi siano compresi anche li patentati, e per la validità de Consigli sono necessarii trenta, e per lo più non si adunano, che è causa molte volte si trascurino gl'interessi publici per la difficoltà accennata, ricusando sempre li patentati d'intervenire, et essendovi di quelli cadenti non sarrebbe se non bene a mio giudizio aver la facoltà non solo di astringere quelli che presentemente pretendano godere, ma di poter amettere anche altri, che possono aver abilità per meglio invigilare al ben pubblico, ritornando a tenore de suoi cenni il [...] inalterabile mi scrivo. Fratta 19 aprile 1694": ASP, Delegazione apostolica, Sez. II, cl. 1, n. 4 (b. 154), 1695, fasc. 7 Fratta, c. 12.
(94) Il capo d'officio veniva eletto tra i difensori, assumendone la presidenza.
(95) "Con l'occasione, che in questa Terra della Fratta è stata vaccante dui mesi continui la carica del commissariato, et essendo hoggi inviato me per commissario di detto luogo da V.S. Illustrissima, ho trovato, che in detto tempo un tal Giovanni Francesco Paolucci Prete l'hanno ammesso nel numero degl'altri consiglieri di detta communità con gran esclamatione di molte Persone, et immediatamente creato Capo d'offitio, dove che ancora li Capitoli di essa espressamente lo proibiscano con dire, che li Preti non devono essere ammessi in detta comunità non poter essere castigati (facendo qualche errore nel loro offitio) dall'illustrissimi, e reverendissimi signori Governatori di Perugia prò tempore, come anche vi è stato più di un essempio in questa communità, che furono cassati dalli superiori in quel tempo da essa, un tal'Alfier Francesco Spunta, et un tal Pietr'Antonio Picciolli hoggi al presente vivo, e tal cassatione fù risoluta per essere ambedue Preti. Per tanto si supplica V.S. Illustrissima à dar qualch'opportuno rimedio sopra tal particolare, con star ambitione de suoi riveriti comandi, et humilissimo m'inchino. Fratta 2 settembre 1695": ASP, Delegazione apostolica, Sez. II, cl. 1, n. 4 = 154, 1695, fasc. 5 Fratta, c. 9.
(96) "Il sig. Giovanni Simone Cristiani à un anno in circa che essercita qua l'offitio di Commissario benchè non sia Dottore, ne Notaro, il che si richiede secondo la dispositione dello Statuto di Perugia, militandoli anco contra la raggione delle leggi che proibiscano i Giudici Paesani, come particolarmente s'ordina nelle Comitive Constitutioni della Città di Perugia Rubr. 17 de Vicariis Comitatus, parte I v. 2°, che rigetta dall'offitio anche li fameliari del luogo, come vedesi nella qui ingiunta copia. Perciò supplico V.S. Illustrissima à sentire benignamente questo ricorso, per ricognoscere il detto Cristiani inabile per le sudette raggioni al Comissariato sudetto di questa Terra della Fratta, e porgere al tutto quei rimedi propri della retta Giustitia di V.S. Illustrissima, alla quale al tutto faccio humilissima riverenza. Fratta 17 Ottobre 1695. Illustrissimo, et Ossequientissimo Servitore Pietro Astorre Savelli" (ASP, Governo pontificio, Sez. II, cl. 1, n. 4, 1695 = 154, fasc. 5 Fratta, cc. 1-2). Il 16 dicembre 1695, a tenore della patente spedita dal governatore di Perugia, il commissario Giovanni Francesco Balestracci prende possesso della carica (Ibidem, c. 11).
(97) La disaffezione nei riguardi di alcune cariche pubbliche era emersa già nel Cinquecento e raggiunse, nel secolo successivo, una dimensione tale da richiedere delle sanzioni abbastanza severe nei confronti di quanti rifiutavano di assumere i vari incarichi. Nello statuto di Fratta si legge che, nei tempi andati, "alcuni per superbia, alcuni per timore, alcuni per vilta alcuni per non perdere tempo circa ad le cose del comune ... non hanno voluto acceptare in dampno del comuno del medesimo castello"; da qui, quanti erano stati designati dovevano accettare incondizionatamente gli incarichi pubblici, sotto pena di cento soldi di denari: Comune preunitario di Fratta, Statuti, reg. 1, rubrica 39, c. 38r (Statuti della Fratta dei Figliuoli di Uberto (Umbertide) del 1521... cit., p. 63).
(98) "Perché attesa la scarsezza degl'uomini intelligenti, e capaci, e la motiplicità delle persone meno idonee, ne avviene, che il più delle volte fannosi risoluzioni poco profittevoli agl'interessi publici": Comune preunitario di Fratta, Visite del delegato apostolico, reg. 2, cap. 4, cc. 4v-6r.
(99) Ibidem, cc. 2 e 7. Alla seduta parteciparono il commissario Francesco Rezzi, il capo d'officio Giuseppe Savelli, tre difensori e diciannove consiglieri.
(100) Ibid., cc. 3r-6v.
(101) Comune preunitario di Fratta, Visite del delegato apostolico, reg. 2, c. 9.
(102) Comune preunitario di Fratta, Visite del delegato apostolico, reg. 2, cc. 36r-43v.
(103) Comune preunitario di Fratta, Visite del delegato apostolico, reg. 2, cc. 9r-34v, 3 febbraio 1787. Nell'ambito del consiglio generale e del consiglio particolare, già con le riforme del 1743, approvate nel 1744 dalla Sacra Consulta, è detto che oltre i consigli pubblici, ai quali spetta il decidere "in materia di abbondanza, di dazi, litigi, ed altri gravi interessi, vi è stile di risolvere gli affari di minor conseguenza nel Consiglio chiamato dei 12, per i quali sono bastanti dette capitolazioni confermate dalla Sagra Consulta, affine di ben condurli": ibid., cap. I, cc. 9v-11v.
(104) Ibid., cap. II, cc. 11v-13r. I capitoli dal 4 al 9 affrontano altre questioni relative alla contabilità in generale e a varie tipologie di spese, come ad esempio per la manutenzione della Rocca e delle mura cittadine, spese ordinarie e straordinarie.
(105) Ibid., c. 50. I "capitoli" adottati dal governatore generale di Perugia, nel 1807, contenenti gli ordini da osservarsi nei pubblici consigli, non apportano modifiche e non aggiungono elementi di novità rispetto ai provvedimenti del 1787 (ibid., cc. 60r-63r, 1° maggio 1807).
(106) "Le presenti circostanze troppo calamitose tengono lontani dalle respettive Comuni quelli individui che devono agire in qualità di Edili in questo Cantone. La mancanza delli medesimi non mi permette di potere sollecitamente istallare la nuova Municipalità, e veggo che il loro rimpatriamento non sarà per adesso. Se credete che sieno per ora bastanti quei tali, che sono, o nel Cantone, o poco lontani, io non esiterò un momento una tale Istallazione, riservandomi di Farle il Giuramento a miglior comodo ... Salute e Fratellanza Giuseppe Savelli Prefetto": ASP, Archivio storico del Comune di Perugia, Periodo 1797-1816, n. 34, cc. 7-8, 18 maggio 1798 (29 fiorile anno I della Repubblica Romana).
(107) Viene così a formarsi, in modo molto più netto che in passato, una classe dirigente che finirà con l'assumere un ruolo ed un potere che andrà ben oltre Napoleone.
(108) BAP, Memorie di Fratta ed altri paesi, ms. 2011, pp. 75-81. Dal verbale del giuramento dei designati ad assumere le cariche pubbliche: "Libertà Eguaglianza. Fratta 16 Pratile Anno 6 Repubblicano 17 giugno 1798 V.S. Avanti il Cittadino Giuseppe Savelli Prefetto consolare del Cantone della Fratta fu raddunata la nuova Municipalità nel di 8. Pratile andante, e intervennero li seguenti, i quali prestarono il debito giuramento d'odio alla Monarchia, ed Anarchia, e d'attaccamento, e fedeltà alla Repubblica Romana, ed alle Costituzioni secondo l'Articolo 367 titolo XIV": ASP, Archivio storico del Comune di Perugia, Periodo 1797-1816, n. 34, c. 19.
(109) U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 80.
(110) CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI PERUGIA, Città di Castello, Umbertide, Sangiustino, Lisciano Niccone, Citerna, Pietralunga, Montone, Monte S. Maria Tiberina, a cura di E. CARINI, Perugia, Tipografia Guerra, 1976 (Monografie comunali, 10), p. 41.
(111) BAP, Memorie di Fratta ed altri paesi, ms. 2011, p. 81.
(112) I designati erano Lorenzo Vibi, Giuseppe Paolucci, Giuseppe Agostini, il proposto Ercolano Mavarelli, Antonio Buzzonetti, Mattia Massi e Silvestro Martinelli; comandante di piazza Arnobio Orselli, segretario Giuseppe Mazzaforti: Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 4, deliberazione datata 30 giugno 1799 (trattasi della copia della deliberazione, su carta sciolta allegata al registro).
(113) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 4, c. 5r.
(114) Ibidem, c. 6r.
(115) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., pp. 177-178; U. PESCI, Storia di Umbertide... cit., p. 81. Il 23 novembre 1810 ed il 3 gennaio 1812, con decreto di Napoleone, Fratta fu confermata capoluogo di governo ed ebbe il titolo di Città; nel riparto Consalvi è nuovamente capoluogo di governo.
(116) BAP, Memorie di Fratta ed altri paesi, ms. 2011, pp. 81-82.
(117) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., p. 177.
(118) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 5, c. 81v, 4 agosto 1809.
(119) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., pp. 136-137.
(120) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 5, carta sciolta del 13 luglio 1809 e c. 82r.
(121) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., pp. 140 e 177-178.
(122) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., p. 179.
(123) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 5, c. 132v.
(124) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 5, c. 133r.
(125) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 5, c. 159, 28 novembre 1816. La delegatizia cui si fa riferimento fu inviata a norma dell'art. 160 del motu proprio 6 luglio 1816.
(126) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., p. 144.
(127) Riparto dei governi e delle comunità dello Stato pontificio con i loro respettivi appodiati, Roma, presso Vincenzo Poggioli stampatore della Reverenda Camera Apostolica, 1817, pp. 88-89. Nella tabella relativa al governatorato di Fratta sono riportati i sobborghi, gli annessi e gli appodiati, con una popolazione complessiva di 10068 abitanti.
(128) A. GUERRINI, Storia della terra di Fratta ora Umbertide... cit., p. 162: nella citazione, l'autore fa riferimento alla collezione delle leggi pontificie, vol. 6, cap. 145, p. 143.
(129) Ibidem, p. 181.
(130) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 14, c. 70v.
(131) Comune preunitario di Fratta, Consigli e riformanze, reg. 14, cc. 74rv.
(132) R. ABBONDANZA, Gli archivi dei governi provvisori dell'Umbria (1859-1861), in "Gli archivi dei governi provvisori e straordinari 1859-1861", III, Roma, Ministero dell'interno, 1962, pp. 341-368.
Redazione e revisione:
Franceschini Olita, 10/10/1990, ordinamento e inventariazione / Angeletti Vittorio, 31/12/2006, ultimazione dei lavori ed immissione in Sesamo 4.1