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Comune preunitario di Citerna, Citerna (Perugia), 1541 - 1860

  • Ente
  • Estremi cronologici: 1541 - 1860
  • Intestazioni:
    Comune preunitario di Citerna, Citerna (Perugia), 1541 - 1860
  • Altre denominazioni: Comune preunitario di Citerna
  • Le prime testimonianze sul castello di Citerna risalgono tra l'XI e il XII secolo, quando il suddetto divenne feudo dei marchesi di Colle, conosciuti poi con il titolo di marchesi di Monte Santa Maria; tuttavia, ben presto la vicina "città dominante" Città di Castello perseguì l'obiettivo di estendere la propria giurisdizione territoriale e di assoggettare, primo fra altri centri, Citerna: la storia di quest'ultima, infatti, è costellata di numerosi sottomissioni subite, a partire dal 1215, e di azioni militari con cui la stessa "città dominante" si prefiggeva il recupero ovvero la riconquista del fortilizio caduto in mani nemiche, quali ad esempio le milizie dei Monteauto nei primi decenni del Duecento e, tra la fine di quel secolo e l'inizio del successivo, quelle dei Tarlati di Pietramala, potente famiglia ghibellina di Arezzo. Il predominio dei Tarlati si protrasse su Citerna con alterne vicende fino al principio del secolo XV, quando subentrò la dinastia dei Malatesta di Rimini. Ancora nel 1447, anno di elezione di papa Niccolò V, Citerna fu signoreggiata da un Malatesta, Sigismondo, già generale dell'esercito pontificio.
    A metà secolo circa, Citerna fu lasciata da Sigismondo ed entrò a far parte dello Stato della Chiesa. Nel 1464 soggiaceva al governatore di Città di Castello, il quale esercitava il potere attraverso un commissario o luogotenente. Negli ultimi decenni del XV secolo in Citerna si rifugiarono i Vitelli, potente famiglia tifernate, i quali presero possesso del castello nel 1482 in quanto espulsi dalla propria città, dopo la morte di Roberto Malatesta, ucciso per mano di Niccolò Vitelli.
    Intorno al 1519 la Comunità di Citerna venne ceduta dal pontefice Leone X a titolo di marchesato ai Vitelli - grazie all'interessamento del cardinal Vitellozzo Vitelli - i quali mantennero il potere quasi ininterrottamente fino al 1584.
    L'attività amministrativa della Comunità di Citerna si svolse, fin dalla seconda metà del XV secolo, sulla base di statuti e di ordinamenti, a noi non pervenuti, varie volte confermati dai pontefici. Lo statuto della comunità risulta essere la copia di un precedente statuto del 1518 al quale furono apportate integrazioni e modifiche nei tre-quattro decenni successivi; esso venne materialmente redatto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo dietro incarico del consiglio di Citerna al tempo del commissario ser Pietro Paolo "de Pacisurdis" e fu approvato il 6 febbraio 1603 da Clemente VIII con apposito breve. Lo statuto consta di sei libri afferenti a: 1) cause civili, 2) cause criminali, 3) cose straordinarie, 4) capitoli sulle gabelle, 5) riforme sulle gabelle e nuovi capitoli sui danni dati, 6) riforme e decreti.
    Le norme che regolamentavano l'amministrazione di Citerna sono riportate principalmente nel libro I. Dal capitolo (rubrica) 2 del suddetto libro si apprende che Citerna era retta da un vicario o commissario di nomina pontificia al quale spettava, durante il semestre di mandato in cui non poteva assentarsi dalla comunità senza espressa licenza, vigilare sull'andamento amministrativo generale della comunità, far rispettare gli ordini e le circolari delle autorità superiori e giudicare le cause (civili, criminali e di danno dato) in prima istanza, secondo quanto stabilito da apposito privilegio confermato da papa Paolo III nel 1543. Ampio spazio è dedicato in questo primo libro dello statuto ai vari obblighi cui era sottoposto il vicario, quali la difesa dell'ospedale della comunità, delle chiese e delle vedove, il mantenimento di vie e ponti; era sancito infine il divieto di non mangiare nella casa di nessuno in Citerna e di dare consigli o di concedere il patrocinio a chicchessia. Il commissario, che doveva essere sottoposto a sindacato al termine del proprio mandato per rendere ragione delle proprie azioni, era coadiuvato nella propria attività da tre priori, eletti in seno all'assemblea pubblica, i quali giuravano di osservare gli statuti e di amministrare i beni comunitativi con equità e giustizia. L'organo deliberante era costituito dal consiglio dei 24 "homines autores iustitie dicti comunis et Terre", 8 di Citerna e 16 del contado, i cui nominativi erano insaccolati nella "capsula officiorum communis" conservata presso la chiesa di San Francesco in Citerna sotto la custodia del padre guardiano di detto convento. Tra i consiglieri, tre giorni prima dell'insediamento venivano estratti i tre priori che duravano in carica per due mesi e che percepivano ciascuno un salario di 24 bolognini. Detti ufficiali erano tenuti a prestare nelle mani del vicario "iuramentum de bene et legaliter exercendo eorum officia, remotis ab eis, amore, timore, prece, precio et omni humana gratia corporaliter tactis scripturis" (rubrica 81 dello statuto, cc. 40v-41r).
    Di seguito vengono descritti i compiti che i vari ufficiali della comunità erano tenuti a svolgere.
    Il sindaco del comune e generale procuratore, nei sei mesi di mandato, era tenuto a "manutenere et defendere omnia iura et bona comunis Citerne et accedere ad consilium et illud coadunare facere", assieme ai priori; doveva intervenire a tutti in contratti di interesse generale e redigere, al termine dell'incarico per il quale riceveva un fiorino e mezzo, un inventario da consegnare al camerario ("camerarius pecunie") della comunità. Quest'ultimo ufficiale, in carica per un anno, doveva provvedere alla riscossione degli introiti comunali di qualunque provenienza, come ad esempio le gabelle, e farne i relativi "computa exationum" (cap. 84, cc. 41v-42r).
    Al "camerarius pignorum", durante i sei mesi di mandato, spettava ricevere i pegni dei pignoramenti di beni mobili e immobili disposti dal vicario nell'ambito della propria attività giudiziaria. I suddetti beni venivano pubblicamente banditi dal "preconem comunis" e, in caso di mancato ritiro, venduti al miglior offerente (cap. 85, c. 42r).
    Gli ufficiali dell'abbondanza erano tenuti a recarsi per il contado, immediatamente prima della mietitura, al fine di stimare la quantità delle messi prodotte e la biada dei forestieri e farne relativo computo; dovevano poi verificare che nessuno estraesse grano dal contado di Citerna senza i relativi bollettini, senza aver pagato, cioè, il corrispettivo dovuto. Inoltre potevano infliggere multe ai panettieri in ragione del prezzo - troppo elevato - del pane da essi venduto (cap. 86, cc. 42v-43r).
    Spettava ai raziocinatori, uno di Citerna e uno proveniente dal contado con un salario di bolognini 32 per ciascuno, rivedere tutti i conteggi della comunità, vale a dire i movimenti di denaro in entrata e in uscita riferiti al vicario e agli altri ufficiali designati (cap. 87, c. 43r).
    Speciali compiti di controllo spettavano ai due sindacatori i quali, su apposito quaderno trascritto dal notaio cancelliere, giudicavano l'operato del vicario (amministrazione generale e amministrazione della giustizia), con un salario di 16 bolognini ciascuno (cap. 88, c. 43r). Altri sindacatori si occupavano invece, uno per parrocchia, di indagare sui malefici commessi (omicidi, furti, incendi, devastazioni, usura): entro tre giorni dal fatto, sotto pena di pesanti multe in caso di omissione, dovevano raccogliere tutti gli elementi che poi il vicario valutava e utilizzava ai fini dell'attività processuale (cap. 90, c. 43v).
    Alle perizie sui danni arrecati alle proprietà (danni dati) erano preposti gli estimatori del comune, i quali accertavano le responsabilità e stabilivano l'entità della somma da destinare alle riparazioni (cap. 91, cc. 43v-44r). Compiti dei diffinitori, uno di Citerna e uno del contado, erano quelli di tracciare i confini o le cosiddette "differenze", a richiesta di chiunque (cap. 92, c. 44), mentre i viari ristabilivano il tracciato delle vie di comunicazione, in caso di danneggiamento, e davano disposizioni e istruzioni sulle necessarie riparazioni (cap. 93, c. 44v).
    È interessante notare che estimatori, diffinitori e viari applicavano tariffe che dipendevano non solo dall'entità della prestazione effettuata, ma anche dalla posizione dei luoghi - in cui si recavano - rispetto al fiume Sovara: se l'infrazione o comunque la perizia riguardavano località o proprietà al di là del fiume, infatti, i costi erano normalmente maggiori.
    Particolare attenzione è dedicata nello statuto a due tipologie di ufficiali che si occupavano, nello specifico, del catasto comunale e del dazio. I due daziari, uno dei quali era notaio, erano tenuti alla perfetta conservazione del registro del catasto e all'inserimento o cassazione, in esso, dei terreni acquisiti o ceduti dai proprietari, con obbligo di non trascrivere nulla senza espressa volontà delle parti interessate e di registrare variazioni o volture entro un mese al massimo dalla stipula dei contratti (cap. 94, cc. 44v-45r). Gli ufficiali daziari erano preposti all'affidamento dell'imposizione di qualsiasi dazio previa verifica degli acquirenti, i quali dovevano presentarsi con due fideiussori che il camerario era tenuto ad approvare; in caso di mancata esazione dei dazi, il vicario era sottoposto ad una forte penalità di 25 libbre di denari (cap. 95, c. 45v).
    L'organico comunale era completato da ulteriore personale, quale ad esempio il maestro di grammatica che esercitava la propria attività per un anno con un salario di 36 fiorini, avendo a disposizione idonei locali e con l'incarico di insegnare i buoni costumi e "morigerate castigare" i propri allievi (cap. 104, c. 48r); vi erano infine i due priori che amministravano l'Ospedale della comunità posto nella parrocchia di S. Giacomo di Citerna, in carica per due mesi (cap. 105, cc. 48r-49r), e il baiulo che svolgeva compiti di messo e di banditore (cap. 98, c. 46).
    Il primo libro dello statuto, e di ciò è possibile rendersene conto prendendo visione del sommario delle rubriche, affronta questioni che vanno ben al di là delle sole cause civili, pur essendo queste ultime l'oggetto principale e che coprono una miriade di aspetti del vivere civile. Per esempio, ci sono norme che riguardano anche la sanità e l'igiene pubblica, i lavoratori, gli Ebrei, l'ampiezza dei fiumi del territorio citernese, le festività e il tempo del mercato. Ulteriori numerose norme, ad integrazione di quanto già espresso, sono riportate nel terzo libro dello statuto che si occupa delle cose straordinarie.
    Dalla fine del XVI alla seconda metà del XVIII secolo non si registrano nell'assetto istituzionale di Citerna variazioni di rilievo; tuttavia è opportuno ricordare che la comunità suddetta, negli anni 1643-1644, fu teatro della cosiddetta guerra di Castro, combattuta tra Urbano VIII Barberini e Odoardo Farnese duca di Parma, che ebbe effetti particolarmente disastrosi sulla popolazione e sul territorio.
    Durante il periodo della dominazione francese, Citerna venne eretta municipalità autonoma che entrò a far parte del Dipartimento del Trasimeno con sede a Perugia, Cantone di Monte Santa Maria. In Citerna si impiantò il "Cesareo regio provvisorio governo".
    Dopo il ripristino del potere pontificio, nel 1814, Citerna tornò a pieno titolo sotto la giurisdizione di Città di Castello, in attuazione del motu proprio di Pio VII del 6 luglio 1816 con cui venivano abrogati tutti gli statuti che le comunità si erano dati fino ad allora e fu sancito un ordinamento uniforme per tutti i Comuni dello Stato pontificio. Nella seduta consiliare tifernate del 28 settembre 1816 venne scelto il sindaco per la Comune appodiata di Citerna; il 25 novembre successivo, invece, fu deciso di abolire tutte le varie cariche di commissario, magistrato, segretario, cancelliere, donzello, procuratore dei poveri, agente in Roma, computista, sindacatore e cancelliere degli officiali, l'esattore e il bargello; e di conservare invece lo stipendio al medico chirurgo, al maestro di scuola, al predicatore della Quaresima e dell'Avvento, al moderatore dell'orologio, al postiglione, al portinaio e al becchino.
    Con il "Riparto dei governi delle comunità dello Stato pontificio con i loro respettivi appodiati" del 1817, Citerna divenne "Comune unita ai diversi luoghi di residenza del governatore di Città di Castello".
    Nel periodo della seconda Restaurazione pontificia, che principia dal 1814, la comunità di Citerna venne amministrata da un consiglio, costituito (in ragione della popolazione residente) da 18 membri, per il disbrigo degli "affari d'interesse comune", e da una Magistratura per "l'andamento dell'amministrazione comunitativa", composta da un gonfaloniere coadiuvato da due anziani, così come sancito dagli artt. 150- 159 del motu proprio emanato da papa Pio VII il 6 luglio 1816 che, tra le altre norme, aboliva tutte le leggi municipali e gli statuti che le comunità si erano date anteriormente al 1798. I gonfalonieri erano dunque a capo della magistratura, organo esecutivo delle comunità dello Stato pontificio. Detti ufficiali erano obbligati a risiedere nei capoluoghi comunali per vigilare sull'applicazione delle leggi e, con l'entrata in vigore del motu proprio di papa Leone XII del 5 ottobre 1824, acquisirono le funzioni giudiziarie già dei vicegovernatori (ufficiali statali posti, per effetto dell'editto del 26 novembre 1817 del cardinal Ercole Consalvi, nei comuni che non fossero capoluogo di governo con il compito di presiedere i consigli comunali e di giudicare, in materia civile, sulle cause di valore inferiore a cinque scudi e, in materia penale, sui reati punibili con condanna non superiore ad un mese di carcere), per proseguirne l'opera di sorveglianza e di prevenzione.
    Con motu proprio emanato da papa Leone XII in data 21 dicembre 1827 le funzioni in materia di amministrazione della giustizia fino ad allora esercitate dai gonfalonieri passarono ai podestà locali i quali, oltre a svolgere compiti di ordine pubblico, di salute pubblica e di vigilanza sull'andamento amministrativo della comunità, si occupavano della repressione di reati punibili fino a dieci giorni di carcere, raccoglievano le incriminazioni per i processi, assicuravano i corpi di reato e autorizzavano gli arresti in caso di flagranza. I podestà vennero soppressi in seguito ai moti insurrezionali del 1831 con motu proprio del 5 luglio dello stesso anno emanato da papa Leone XII. Il podestà svolse l'attività giudiziaria ordinaria fino al 27 novembre 1831 (cfr. Comune preunitario di Citerna, Consigli e riformanze, reg. 24, c. 88v). I priori, già a capo dell'amministrazione comunale dal 2 febbraio 1829 (cfr. Comune preunitario di Citerna, Consigli e riformanze, reg. 24), subentrarono ai podestà nell'amministrazione della giustizia, con riferimento alle cause di natura economica (nascenti cioè da obbligazioni in denaro) dal 15 dicembre 1831 fino alla fine della dominazione pontificia. L'assetto istituzionale citernese non subì rilevanti variazioni, dal punto di vista istituzionale fino all'avvento del Regno d'Italia, nel settembre del 1860.
  • Redazione e revisione:
    Angeletti Vittorio, 31/12/2001, Riordinamento e inventariazione
  • Bibliografia:
    Ascani Angelo, Citerna, Città di Castello, Istituto professionale di Stato per l'industria e l'artigianato, 1967
    Magherini Graziani Giovanni, Storia di Città di Castello, I, Città di Castello, 1890, pp. 102-103
    Soprintendenza archivistica per il Lazio l'Umbria e le Marche, Gli archivi dell'Umbria, Roma, Ministero dell'interno, 1957, p. 174
    Franceschini Olita, L'archivio storico del comune di Citerna, "Pagine altotiberine", I/1 (1997), pp. 123-128
    Riganelli Giovanni, Terra Citerne, Città di Castello, Edimond, 1997
    Istituzioni finanziarie contabili e di controllo dello Stato pontificio dalle origini al 1870, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1961