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Cassa di risparmio di Terni, Terni, 1846 - 1988

  • Ente
  • Estremi cronologici: 1846 - 1988
  • Intestazioni:
    Cassa di risparmio di Terni, Terni, 1846 - 1988
  • Altre denominazioni: Cassa di risparmio di Terni / CARIT
  • Le Casse di Risparmio trovarono, in Umbria, propizio terreno per attecchire e crescere, per la discreta prosperità agricola ed "industriale" della regione e per il numero non eccessivo della popolazione suddivisa in numerosi borghi, anziché in grandi città. Le principali Casse di Risparmio dell'Umbria sorsero tra il 1836 e il 1857, la prima a nascere fu quella di Spoleto, seguita da quella di Perugia, nel 1842(1), poi nell'ordine le Casse di risparmio di Gubbio e Todi e, nel 1846, quelle di Rieti e Terni (2). Nel 1843 era divenuto vescovo di Terni monsignor Vincenzo Tizzoni; questi, insegnante di storia ecclesiastica presso l'università di Roma e forte dei suoi studi statistici, che gli permisero di evidenziare il numero relativamente alto di artigiani ed operai residenti in Terni, inviò, il 30 gennaio 1846 (3) una lettera al Gonfaloniere della città, nella quale raccomandava l'apertura di una Cassa di risparmio. La lettera deplorava le "avarie che continuamente si fanno dagli usurai, a danno della povera classe industriosa", l'Istituto avrebbe dovuto essere anche "un lodevolissimo mezzo per promuovere il buoncostume, eccitandosi la popolazione a depositare i risparmi della settimana e a non consumarli nello sfogo della passione", suggeriva quindi al gonfaloniere, Giuseppe Massarucci, di nominare una Commissione per raccogliere tra i cittadini almeno 80 azioni, ritenute sufficienti per la sua costituzione. Il Gonfaloniere e la magistratura, incoraggiati dalle assicurazioni vescovili circa il consenso degli organi superiori, istituirono una Commissione, nominata con lettera del 14 marzo e composta dal marchese e priore don Roberto Cittadini, dal conte comm. Giovanni Manassei, dal cav. Giulio Gazzoli e da Luigi Manni; tale commissione raccolse in pochi giorni ben 111 azioni da scudi 10 ciascuna (4) .
    Costituito così il capitale iniziale, la magistratura locale chiedeva al Segretario di Stato, cardinale Mattei, il beneplacito per la fondazione della Cassa in data 23 aprile 1846, interessando il concittadino cardinale Gazzoli a patrocinare la domanda (5). Il cardinale Mattei, approvando in linea di massima l'Istituzione, suggeriva di modellarne il regolamento su quello della Cassa di Risparmio di Roma (6). Il 21 luglio venivano convocati gli azionisti firmatari che approvavano il regolamento e procedevano all'elezione del primo Consiglio di amministrazione nelle persone di Giuseppe Nicoletti in qualità di Presidente, Silvestro Viviani vicepresidente, Luigi Manni cassiere, Paolo Pierfelici segretario, Pietro Ruga ragioniere, Simone Marcucci viceragioniere ed in qualità di consiglieri Angelo Fongoli, Vincenzo Rustici, Gaspare Borzacchini, avv. Lodovico Silvestri, Francesco Pacelli e Giuseppe Montani. Il 5 agosto il municipio inoltrava, tramite il cardinale Gazzoli, l'elenco degli azionisti, lo schema di regolamento e la formale domanda per il beneplacito del Pontefice, al nuovo segretario di stato, il cardinale Gizzi, che a sua volta riferiva dell'avvenuta approvazione, in data 8 settembre (7). Un mese dopo, il Consigliere governativo della Delegazione di Spoleto, Giovanni Parenzi, comunicava ufficialmente al Gonfaloniere di Terni l'approvazione pontificia all'istituzione della Cassa di Risparmio "...da amministrarsi da distinti cittadini riuniti in società anonima", inoltre, incaricato di designare la persona "proba e stimata che, con la qualifica di Commissario del Governo assistesse alle adunanze di detta società", designava all'uopo il consigliere governativo di Terni, Domenico Petrucci (8) . Approvato il "Regolamento", così allora si chiamava lo Statuto(9), gli azionisti, il 14 ottobre, furono invitati a versare l'ammontare delle quote al sig. Pietro Ruga, incaricato dal cassiere Luigi Manni(10) . Incassate le azioni, il primo novembre si tenne la prima adunanza generale. In quella sede, nel discorso inaugurale il vice presidente Viviani sosteneva che l'Istituto avrebbe potuto svolgere la sua attività solo se si fosse assicurato lavoro agli operai perché la "Cassa è stata istituita per mettere a frutto sopra ogni altra cosa i risparmi degli operai", avendo cura di procurare lavoro ai disoccupati "affinché col lavoro si procacciassero le ricchezze ". Tramite la Cassa era possibile, per il Viviani, riunire le forze migliori di Terni, con un riferimento anche alle sue future possibilità industriali, grazie alle sue ricchezze idriche ed agli eventuali finanziamenti della Cassa, si arrogava all'Istituto il dovere di collaborare con l'autorità per la tutela e la diffusione della cultura, per la cura degli orfani e dell'istruzione(11). Il 30 novembre il Gonfaloniere di Terni annunciava l'effettiva apertura al pubblico della Cassa di Risparmio, fissata per il primo dicembre 1846 (12).
    La prima sede della Cassa di risparmio fu in un locale fornito gratuitamente dal cassiere Luigi Manni, sul lato destro del suo palazzo, prospiciente la "Via del Monte di Pietà", e lì furono effettuati i primi depositi al 4% d'interesse.
    Il 2 dicembre, il Consiglio amministrativo tenne la sua prima adunanza deliberando d'investire il capitale disponibile in mutui di entità non superiore a 100 scudi, in corrispettivo d'apoca o scritta privata e sicurtà, al frutto del 6%, le cui prime concessioni, in numero di 4, ammontarono complessivamente a 165 scudi (13) .
    All'inizio le deliberazioni per le concessioni dei mutui venivano trascritte nei Verbali del Consiglio d'amministrazione, ma dal gennaio 1847 si decise di tralasciarne la scrittura, limitandosi a conservare le domande accolte (14).
    Nell'adunanza del 9 dicembre 1847, venne ridotto il contributo azionario, del sig. Felice Gauthier, direttore della Ferriera, da 10 a due azioni soltanto, si constatò inoltre la mancanza di 5 quote azionarie rispetto alle 120 richieste dal Regolamento e si elessero i sindacatori per la revisione del conto annuale (15)
    Nel 1847, vennero emessi 210 libretti per un totale di 3613, 03 scudi. L'anno successivo, il 1848, i libretti scesero a 181, salì, invece, il totale dei depositi raggiungendo la cifra di 5620, 90 scudi (16).
    Nell'adunanza del 30 dicembre 1852 si deliberò di modificare l'articolo 18 dello Statuto sopprimendo le due adunanze generali annuali dell'Assemblea, stabilendo una sola convocazione triennale, si dava, inoltre, al Consiglio, in sostituzione dell'Assemblea, la facoltà di eleggere i nuovi soci in surrogazione dei soci defunti o dimessi (17) .
    Trascorso un triennio, nella riunione del 27 settembre, fu riconvocata l'Assemblea nella Sala municipale, alla presenza del cavaliere Petrucci, allora Commissario del Governo. Alla presenza di 17 soci, furono eletti i nuovi "ufficiali dell'amministrazione" e si stabilì di procedere gradualmente alla restituzione delle azioni e, da novembre, a richiesta, si provvide al rimborso di una prima serie di azioni (18) .
    I sopravanzi accumulati in dieci anni di esercizio non erano vistosi, sebbene il numero dei depositanti aumentasse di anno in anno, nel 1857 l'utile netto era di 260 scudi annui ed il capitale ammontava a scudi 2661,98, di cui mille utilizzati, già all'adunanza del 18 luglio 1858, per fornire di acqua il "Passeggio pubblico", la città desiderava, infatti, abbellire la sua "Passeggiata", che aveva iniziato a costituire, nel 1844, sulle mura civiche (19) .
    Nel 1860, instauratosi il Governo nazionale sabaudo, Terni diventò capoluogo di sottoprefettura e, divenuta "città di frontiera", ebbe una numerosa guarnigione guadagnando in importanza. Tra le nuove istituzioni, nel 1861, sorse l'Asilo d'infanzia a cui la Cassa di risparmio deliberò di versare un sussidio annuo di lire 319, 20 (20) .
    Frattanto, nel 1862, fu estesa alle nuove province la legge vigente sulle Opere Pie e, per una interpretazione restrittiva, i Prefetti, considerando le Casse di risparmio come Opere pie, ordinarono che fossero soggette a "Concentrazione" e poste alle dipendenze delle Congregazioni di carità, la Congregazione di carità di Terni, quindi, formalmente obbligata, dichiarò il concentramento della Cassa di risparmio locale (21). Al cassiere Luigi Manni, dimissionario, la Congregazione nominò come successore il cugino Francesco, che trasferì l'Istituto nella sua abitazione in piazza dell'Olmo. Nei verbali di quel periodo vi sono parecchie lacune, ma è certo che le rimostranze fatte dagli amministratori in proposito ebbero successo, lo dimostra il Regio Decreto, firmato da Vittorio Emanuele II e controfirmato dal ministro Rattazzi in data 12 aprile 1862, con cui si riconobbe la Cassa indipendente dalla legge sulle Opere Pie, riconoscendola "Corpo morale", capace di acquistare e di contrarre in proprio nome (22) . Per effetto di tale decreto, il Presidente della Congregazione recedette dal preso possesso, e l'amministrazione della cassa si ricostituì in piena autonomia (23).
    Lo statuto originale della Cassa di risparmio di Terni, nell'800, subì tre modifiche: nel 1866, nel 1886 e nel 1892 ognuna delle quali determinò un più sicuro ed ordinato indirizzo dell'amministrazione. Fondata con lo scopo di raccogliere i piccoli risparmi e giovare ai soli artigiani, dopo l'unità d'Italia, la Cassa estese la raccolta di risparmio anche ad altre classi con l'intento di utilizzarlo per finanziare utili alle "industrie" ed incentivare il guadagno degli artigiani. Vi fu, perciò, un periodo di adattamento in cui agli uffici di pura beneficenza si venivano ad affiancare "Uffici" del credito in senso lato, con beneficio e vantaggio di una più vasta clientela (24) .
    Nel 1869, venuto meno il cassiere Manni, il Consiglio lo sostituì con il conte Cesare Castelli, disposto a svolgere tale incarico gratuito fino all'elezione o all'assunzione di un nuovo cassiere. Il conte Castelli, esperto amministratore, trasferiti gli uffici nel suo palazzo in Piazza S. Pietro, si dedicò assiduamente alle proprie attribuzioni, migliorando l'andamento contabile e disciplinare della Cassa, trattando personalmente tutti gli affari di rilievo; aprì conti correnti con altri Istituti riducendo le giacenze e tenendo così attivo un fondo di tutto rispetto, dando alla Cassa il vero aspetto di un Istituto pubblico (25) . Durante il triennio del cassierato Castelli i depositi furono più che raddoppiati, mentre nel 1869 figuravano in situazione i primi immobili aggiudicati all'Istituto per il recupero di crediti (26) .
    Nel 1870 il cav. Nicoletti rinunciò all'ufficio di Presidente e l'Assemblea vi promosse l'allora vicepresidente Viviani; Paolano Manassei, di recente eletto consigliere, fu nominato vicepresidente.
    Nel 1872, l'Istituto assegnò alla Congregazione di carità £ 2000 annue per il mantenimento di una sezione per vecchi cronici all'Ospedale; ed elevò il sussidio dell'asilo a lire 500 annue (27).
    Con il dicembre 1872 il Castelli chiuse la sua gestione, a lui subentrò nell'incarico Carlo Galassi (28) . Il nuovo cassiere forniva, come sempre era successo, il locale dove impiantare gli uffici, nel suo palazzo in piazza Solforino, e si obbligava a tenere aperta la Cassa tutti i giorni della settimana eccetto il lunedì. In occasione della sua nomina venne redatto un Capitolato o regolamento interno per gli impiegati in cui il cassiere aveva la qualifica di capoufficio, veniva confermata la consuetudine di ricevere i depositi di domenica e le operazioni di ritiro il mercoledì. Nel secondo semestre del 1873 si ritenne opportuno ridurre di mezzo punto il frutto dei depositi, tuttavia, essendo sorta in quell'anno la Banca Popolare, che dava un interesse maggiore, dal 1° gennaio 1874, si ritornò all'interesse del 5% (29) .
    Nel dicembre 1876 il patrimonio dell'Istituto aveva raggiunto la cifra di £ 126. 467,82, si pensò allora di comprare, con una parte del patrimonio, un fabbricato per fissarvi la sede definitiva degli uffici amministrativi, si acquistò quindi dal Comune il palazzo già Montani - Leoni, espropriato per la costruzione della nuova strada "Cornelio Tacito", ricostruendone la facciata, con la spesa di £ 40.000 (30) . Nello stesso anno iniziò lo sviluppo industriale della città. Presero avvio, infatti, i lavori del "Canale Nerino" e della fabbrica d'armi, di cui il ministro Ricotti aveva posto la prima pietra nel 1875. Per concorrere all'opera del "Canale Nerino", pagare le aree della fabbrica d'armi, sistemare la nuova via Tacito, restaurare il palazzo comunale e far fronte ad altri debiti, il Comune contrasse, nel 1876, un prestito che unificava i debiti comunali, la Cassa di risparmio partecipò all'operazione acquistando le cartelle del Debito comunale (31) .
    Negli anni successivi nuove industrie utilizzarono il canale Nerino; capitali nuovi entravano in città ed i depositi nella Cassa continuavano a crescere, tanto che si ritenne doveroso contribuire allo sviluppo della vita economica cittadina accordando alla Banca Popolare un ampio conto corrente ed un largo risconto del suo portafoglio. La Cassa di Risparmio intendeva così appoggiare il commercio locale e quelle industrie più strettamente connesse ai bisogni della popolazione che erano la sua principale clientela (32) .
    Nel 1881, l'amministrazione, volendo migliorare la condizione degli impiegati, il cui lavoro era molto accresciuto, sebbene il regolamento del 1866 negasse loro qualsiasi diritto alla pensione, decideva di istituire un fondo di previdenza vitalizia (33).
    Per l'aumento della popolazione conseguente all'attivazione delle nuove fabbriche diventò sempre stringente il problema della scarsezza di acqua potabile pubblica in città. Per questo motivo la Cassa di risparmio di Terni si assunse l'onere di far eseguire, a sue spese, i primi studi e le prime ricerche sulle sorgenti da cui far derivare l'acqua in città. Dagli studi, eseguiti dall'ingegnere comunale Sconocchia, le sorgenti migliori risultarono quelle di Arrone, distanti ben 17 chilometri dalla città (34).Fu chiaramente il Municipio che, una volta acquisiti i risultati delle indagini, procedette all'acquisizione delle sorgenti, alla costruzione della conduttura, alla vendita e permuta dell'acqua; la Cassa, da parte sua, decise di stanziare una somma per contribuire all'esecuzione di questa importante opera, traendola dai capitali accumulati e vincolandola, con riserva, a disposizione dell'amministrazione comunale. Con deliberazione del 1881, prelevò quindi dal suo capitale netto £ 40.000, creando uno speciale libretto per dare la somma al Comune con gli interessi maturati fino al giorno in cui l'acqua potabile sarebbe stata portata in città, cosa che avvenne parecchi anni dopo (35) .
    Lo Statuto del 1866 lasciava al Consiglio facoltà illimitata di provvedere ai rinvestimenti, non escludeva gli sconti, ma neanche li autorizzava. Nel Consiglio, i pareri circa gli sconti erano diversi: chi riteneva che fossero un'operazione rischiosa ed esulante dalle funzioni di una Cassa di risparmio, chi li riteneva possibili a mezzo di altri istituti, i più pensavano che agli sconti indiretti tramite istituti si dovessero preferire gli sconti diretti e si dovesse, con nuove disposizioni statutarie, ordinare meglio la materia degli investimenti. Quest'ultimo parere prevalse ed una Commissione, composta dal vicepresidente Manassei e dei consiglieri Magroni e Serloreti, fu incaricata di studiare una nuova riforma dello Statuto, il cui schema fu presentato all'Assemblea nell'adunanza del 2 maggio 1881 (36) . Gli studi del Consiglio per perfezionare la contabilità portarono all'adozione del giornale mastro nel quale venivano riportati due serie di conti direttamente in relazione tra loro: i conti sintetici,o giornali mastro, ed i conti analitici. Tale duplice registrazione permetteva un controllo giornaliero rendendo possibile estrarre la situazione ad ogni richiesta. L'impianto della nuova contabilità andò in vigore col 2° semestre 1883 (37).
    L'industrializzazione della città fece sì che a Terni arrivassero operai provenienti da altre località, questo comportò un acuirsi del problema della reperibilità degli alloggi. Per cercare di risolvere questo problema, nel 1883, venne costituita una Società anonima per la costruzione di case operaie. A tale iniziativa la Cassa di risparmio contribuì sottoscrivendo 100 azioni per un capitale di £ 2000 (38). Il Consiglio, con manifesto del 23 maggio 1884, aprì, inoltre, un credito speciale destinato al miglioramento ed all'ampliamento delle piccole abitazioni (