SAN - Strumenti di ricerca online

Comune preunitario di Casteldilago, Arrone (Terni), 1596 - 1860

  • Ente
  • Estremi cronologici: 1596 - 1860
  • Intestazioni:
    Comune preunitario di Casteldilago, Arrone (Terni), 1596 - 1860
  • Altre denominazioni: Comune preunitario di Casteldilago
  • L'abitato di Casteldilago sorse lungo la riva sinistra del fiume Nera attorno al luogo scelto nel 514 come eremo dal monaco siriano Lorenzo Iluminatore, direttore degli eremi di Monteluco e fondatore dell'abbazia di Farfa. Casteldilago (Castrolacus) fu "curtis" longobarda. Nel 1198 venne occupata da Spoleto e nel 1212 si arrese definitivamente al potere spletino.
    Infatti il signore Gentile di Ottaviano nell'atto di sottomissione dichiarava di donare, anzi restituire e rendere a Spoleto che già aveva affermato su quelle terre la propria supremazia, Casteldilago, la Rocca di Sagrato con tutte le pertinenze (vassalli, uomini, ragioni e consuetudini), ogni giurisdizione con terre, vigne, selve, monti, piani pascoli, corsi, d'acqua, il ponte e i pedaggi e ogni diritto e protezione sulle chiese e latri luoghi dedicati alla religione. In cambio Gentile di Ottaviano poteva tenere quanto donava e compiti di governo locale sempre per conto e in mone di Spoleto, ricevendo assicurazione di protezione per sé e per i propri figli. Nel 1223, poiché il signore di Casteldilago non si decideva a mantenere fede ai patti sottoscritti, Spoleto decise di concedere la custodia della terra a Tommaso Grimanldi, fino a quando Gentile di Ottaviano e i suoi figli non fossero stati in grado di acquistare nella città o nel contado una possessione di almeno 400 lire (1). A Casteldilago venne unito il castello di Perocchio e nel 1248 anche Polino.
    La dipendenza da Spoleto venne poi confermata nel 1245 dal cardinale Raniero Capocci, rettore del Ducato e poi nel 1266, dopo che Casteldilago aveva partecipato contro Spoleto alla guerra per le terre arnolfe. Il "Constitutum" di Spoleto nel 1296 prevedeva di stabilire i confini catastali di Casteldilago, a riprova che il castello era ormai totalmente spoletino, anche per le collette e i pedaggi. Nei primi decenni del secolo XIV passò ai ghibellini, sorretti dal passaggio di Arrigo VIII, Lodovico il Bavaro e Giovanni di Boemia, ma nel 1340 Spoleto guelfa riprese nuovamente il dominio. Tra il 1441 e 1442 delle discordie insanguinarono il paese e anche in questi casi Spoleto intervenne per ripristinare la pace. Nel 1499 Casteldilago si ribellò al potere di Spoleto e si sottomise a Terni: Alessandro VI obbligò Casteldilago a tornare a Spoleto e la pace fu segnata nella rocca di Spoleto alla presenza di Lucrezia Borgia, rettrice del Ducato. Nel 1527 anche Casteldilago venne invaso e saccheggiato dalla bande di Sciarra Colonna.
    Nei due secoli successivi, la storia di Casteldilago segue le vicende di Spoleto e del distretto.
    Dall'esame dei documenti d'archivio, si evince che, come in Arrone, la magistratura era costituita da un vicario e tre massari che si ridussero a due dal 1743; da quella data i massari vennero anche chiamati priori. Nel tempo anche il vicario venne alternativamente denominato capo priore.
    Venivano tutti eletti in sede di consiglio generale, costituito dai capofamiglia, tramite estrazione del bussolo.
    L'amministrazione locale non si discosta da quella dei comuni limitrofi (si ricordano in proposito le direttive del governo centrale contenute nella bolla del 1592 "Pro commissa" più conosciuta come "De bono regimine"), perciò tra gli ufficiali comunali si trova il podestà, anche qui con funzioni di ordine pubblico e proveniente da Spoleto, il camerlengo, il cancelliere, il balivo, il procuratore in Spoleto, il moderatore dell'orologio, l'organista e nel sec. XVIII, si aggiunse il maestro di scuola.
    Dalla lettura delle tabelle e bollette comunitative, si desumono alcune notizie: non risulta alcuna uscita relativa alla retribuzione per il vicario che quindi, come in Arrone, si doveva accontentare di fregiarsi del titolo, mentre lo stipendio più considerevole, era quello corrisposto al cancelliere della comunità in virtù forse delle numerose incombenze che gli erano affidate (era responsabile della tenuta e della redazione dei vari libri da tenersi sia per la cancelleria comunale che per quella giudiziaria).
    L'educazione scolastica in alcuni lasciava a desiderare in quanto, accanto alla voce "maestro di scuola", introdotta piuttosto tardi, compaiono note di questo tenore: "vacante" oppure "non si tengono" (congiuntamente all'organista) "per mancanza di entrata". Lo stesso valeva per la salute dei cittadini: il medico non compariva tra i salariati.
    Altre uscite erano costituite dalle spese per i divini offici, spese straordinarie, materiale di cancelleria, l'Archivio ed altre contribuzioni varie, soprattutto per le "colte" della comunità, voce che costituiva la spesa più consistente (1749).
    Le entrate erano costituite dalle privative ed affitti che nel sec. XIX sono molto più numerosi; il guadagno maggiore proveniva dall'affitto del pascolo delle capre e pecore ed in qualche occasione da entrate straordinarie come nel caso del camerlengo Pietro Antonio Panfili, che nel 1749 fu condannato a pagare, per gli errori commessi nell'esercizio delle sue funzioni, un'ammenda piuttosto salata (costituiva circa ¼ delle entrate).
    Con la Restaurazione del governo pontificio, l'amministrazione tornò di pertinenza di un priore e due aggiunti, chiamati più tardi (1832) anziani.
    Per effetto della riorganizzazione del governo pontificio per economizzare nelle spese di amministrazione tra il 1819 ed il 1827, il Comune di Casteldilago divenne un appodiato del Comune di Arrone, nonostante la fiera avversione degli amministratori contrari a tale sottomissione. Nel 1829 il governo pontificio riconcesse a Casteldilago il rango di Comune e la tanto desiderata autonomia, minacciata però tre anni più tardi da un progetto della Delegazione apostolica di Spoleto di una nuova riduzione di comuni, che però non venne realizzato.
    Nel 1860 avvenne l'annessione al Regno d'Italia.

    Sono state utilizzate le seguenti fonti bibliografiche: O. PANFILI, L. PIRRO, Storia di Arrone da feudo a municipio. Volume I, Arrone, 1983, (Quaderni di studi e ricerche sociali, 3), pp. 14-16; M. TABARRINI, L'Umbria si racconta. Dizionario A-D, Foligno, 1982, pp. 295-296; O. PANFILI, L. PIRRO, Storia di Arrone. Dalla modernizzazione del comune all'avvento del fascismo. Volume IV, Arrone, 1990, (Quaderni di studi e ricerche sociali, 19), pp. 27-28.




  • Redazione e revisione:
    Pennoni Laura, 01/01/1995, ordinamento e inventariazione / Piccinini Rosanna, 01/01/1992, ordinamento e inventariazione