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Comune preunitario di Arrone, Arrone (Terni), 1315 - 1860

  • Ente
  • Estremi cronologici: 1315 - 1860
  • Intestazioni:
    Comune preunitario di Arrone, Arrone (Terni), 1315 - 1860
  • Altre denominazioni: Comune preunitario di Arrone
  • Arrone sorge su una piccola altura lungo la Valnerina a pochi chilometri dalla cascata delle Marmore, di fronte al comune di Montefranco.
    Le sue origini si fanno risalire all'anno 880, quando un nobile esule romano, Arrone figlio di Lupone, si impossessò del colle edificandovi un castello.
    Nel tempo, i suoi discendenti, gli Arroni, estesero il loro dominio verso Polino, Ferentillo, Piediluco e Miranda, dominando la Valnerina fino a tutto il secolo XIV, ma dall'XI sec. Spoleto pose le sue mire espansionistiche anche verso la Valnerina con una penetrazione progressiva che né Terni, né tantomeno i signori dei vari castelli, riuscirono ad arrestare.
    Il primo a cedere all'offensiva spoletina nel 1212, fu il Comune di Casteldilago: il signore del luogo, Gentile di Ottaviano barattò il diritto di proprietà con una concessione che lo autorizzava a mantenere compiti di governo locale, sempre in nome di Spoleto. Gli Arroni erano i soli a contrastare le mire espansionistiche di Spoleto nella bassa valle del Nera; ciò comportava un notevole impegno finanziario che li aveva spinti a vendere a Narni il castello di Miranda e poi a Terni i castelli di Papigno e di Marmore. Nel 1228 alcuni sudditi di Arrone scapparono a Colle Bufone (poi Montefranco), la zona franca di Spoleto: tali fuoriusciti, spinti e appoggiati da Spoleto iniziarono a molestare con razzie e colpi di mano i signori di Arrone che, ormai in declino, nel 1229 giurarono fedeltà a Spoleto nella piazza del Duomo (1229). Da allora il castello di Arrone entrò a far parte integrante del territorio controllato da Spoleto, come riconobbero sia l'imperatore Federico II nel 1241, sia il cardinal Capocci, legato pontificio incaricato nel 1247 di rimettere in ordine lo Stato della Chiesa. Spoleto impose ai signori di Arrone di acquistare case e possedimenti in città per andarvi ad abitare, per controllarli meglio e renderli meno minacciosi.
    Nel 1264 la Valnerina venne invasa dalle truppe ghibelline di Percivalle Doria, composte da musulmani e tedeschi, a sostegno di Manfredi. In quell'occasione Arrone rinnovò la fedeltà a Spoleto che aveva ricacciato i ghibellini. Successivamente, ci furono altre ribellioni e pacificazioni con Spoleto. Nel 1296 il "Constitutum" di Spoleto previde di stabilire esattamente i termini catastali di Arrone e degli altri castelli della Valnerina, a dimostrazione che tali paesi, anche dal punto di vista fiscali, erano ormai totalmente sotto l'egida spoletina e dunque alla Santa Sede.
    Nel 1341 nei documenti non compaiono più come controparte gli Arroni, ormai trasferitisi a Spoleto, ma la comunità definitivamente sottomessa a Spoleto.
    I primi statuti comunali di cui si è a conoscenza, sono stati redatti nel 1347 ed un frammento è conservato presso l'Archivio di Stato di Spoleto.
    Nel 1361 il cardinale Egidio Albornoz, nella riorganizzazione dello Stato della Chiesa, eresse la rocca di Spoleto e gravò il distretto di numerose contribuzioni e a tributi straordinari, come quello di 1300 da destinare alla guerra contro Bologna: Arrone e Casteldilago si salvarono dal pagamento di tale tributo, in forza dei privilegi che li esoneravano da imposizioni e gabelle fissate nel corso degli anni.
    Due secoli dopo, la necessità di rinnovare gli statuti, data anche dalla conclusione del "processo di emancipazione dalla servitù feudale e dalla dipendenza dai vecchi signori" (p.33) porta alla stesura degli "Statuta Castri Arroni" del 1542, comunque ancora sottoposti all'approvazione di Spoleto in quanto Arrone restava una comunità "mediate subiecta" allo Stato della Chiesa.
    In quel tempo il territorio contava 81 famiglie.
    Nel 1527, le truppe del ternano Sciarra Colonna avevano saccheggiato Arrone e Casteldilago nella sua avanzata verso la montagna e il Comune di Polino.
    Per quanto concerne la struttura amministrativa di Arrone, all'analisi dello statuto del 1542, risulta che la magistratura era rappresentata da un Vicario e tre o quattro massari che si ridussero a tre definitivamente tra il 1598 ed il 1644 circa, ad essi era affidato il potere esecutivo; il primo vicario di cui si ha notizia nei documenti è Iulius Paulus Arroni (1547) ma la copia dello Statuto ci dà notizia che a quel tempo (1542) il primo magistrato era Angelo di Silvestro. La carica era annuale ed assegnata tramite estrazione dal bussolo in sede di consiglio generale, costituito dalla magistratura e dai capifamiglia, avente come di consueto facoltà legislativa. Il numero sufficiente per l'adunanze era di almeno 40 uomini e "quello che sarà vinto dalle due parti di detti homini sia valido..." (rub. 44 dello Statuto). Nel 1700 al consiglio erano ammessi i rappresentanti delle famiglie con un reddito, che si contavano in numero di 85, mentre nel 1805 la magistratura sarà composta da un capo priore, due priori e quindici consiglieri appartenenti a famiglie di sufficiente possidenza. Spettava al vicario convocare il consiglio, nominare il cancelliere e i "viales".
    Il podestà, eletto anch'egli in sede di consiglio generale, aveva esclusivamente compiti di polizia, tutela quindi dell'ordine pubblico e proveniva dalla città di Spoleto dove avveniva il sorteggio dei podestà e decisa la loro destinazione.
    La rubrica 10 dello Statuto precisa così i suoi compiti: "... in cose leggiere e di poco momento habbi facoltà di commandare e di punire ciascheduno nella somma e quantità di soldi quaranta. In cose però considerabili e di gran momento risse, tumulti nel conseglio et altre cose simili habbi facoltà di condannare in somma e quantità di libre 25 di denari ...".
    L'unica carica semestrale era del camerlengo al quale era richiesta una ricchezza propria, non veniva corrisposto alcun salario e doveva presentare una fideiussione, pena l'esclusione dal bussolo. Tra i suoi compiti: l'annotazione delle entrate e delle uscite, l'utilizzo del denaro pubblico dietro autorizzazione del vicario, la conservazione dei sigilli, dei libri e scritture del comune.
    Ai due "viales" era affidata la responsabilità delle strade per ciò che riguarda la loro viabilità e dimensioni del tracciato; avevano inoltre la funzione di periti estimatori dei danni e dei confini e quanto veniva da essi stabilito non prevedeva contestazioni.
    Il vicario doveva inoltre nominare entro il 15 agosto otto giurati, degli ufficiali "segreti " per la denuncia dei danni dati nei terreni altrui, la cui carica era all'incirca di due mesi, esclusivamente per il periodo della vendemmia.
    Tra i salariati del Comune si trovano anche il predicatore, il maestro di scuola, il moderatore dell'orologio, il balio (cfr. Comune preunitario di Arrone, Contabilità, n. 1 anni 1673-1677) il quale, oltre a provvedere alla pubblica lettura delle ordinanze del vicario, aveva il compito di procedere al pignoramento dei beni, recapitare citazioni nonché "l'obbligo di serrare le porte del castello" (1677).
    Il vicario aveva anche la facoltà di indire aste per l'aggiudicazione degli appalti, di vendere e locare i lavorecci (terreni di proprietà comunale destinati a vari scopi); una piccola parte degli atti relativi a questo settore della gestione amministrativa della comunità sono raccolti nel volume degli "Istrumenti della comunità". Venivano appaltati alcuni generi e servizi pubblici dietro corresponsione di un canone tramite aste pubbliche, secondo il metodo dell'estinzione della candela. Nella documentazione, tra l'oggetto degli appalti troviamo "i tartufoli", danno dato, archivio, cenciaria, pizzicaria, "cantina e celze" (affitto dei gelsi), pascolo estivo ed invernale, macello, fornaci e l' "Ostaria della terra". Tutti costituiscono una parte delle entrate della comunità, assicurate inoltre dalla tassazione dei cittadini e da varie rendite; l'entrata maggiore era quella relativa al pascolo.
    Le entrate procuravano agli amministratori la possibilità di fare fronte agli oneri camerali; le principali tasse dovute alla Reverenda Camera Apostolica erano relative al sussidio triennale (uscita maggiore), quattrino della carne aggiunto, soldatesca di leva, foglietta, archivio. Le uscite erano costituite inoltre dagli emolumenti agli ufficiali e salariati della comunità, dalle spese di cancelleria e per i divini offici e varie spese straordinarie.
    Nel corso del XVI secolo l'affermazione della propria autonomia si accompagnò ad una ricorrente conflittualità con le comunità confinanti per i motivi più disparati: risulta da due brevi del 1566 e 1577 che il protonotario apostolico mons. Alessandro Diario intervenne per definire questioni confinarie che da tempo si trascinavano tra Montefranco ed Arrrone.
    Nei due secoli successivi, la storia di Arrone seguì le vicende del distretto e con Spoleto ebbe soltanto da dirimere questioni di carattere fiscale.
    Nel 1799, avendo ospitato gli insorgenti, Arrone subì l'attacco dei francesi diretti a Roma e di conseguenza fu saccheggiato e dato alle fiamme; dell'evento, ci dà notizia anche l'arciprete della parrocchia di Santa Maria in uno dei registri parrocchiali. I giorni dell'occupazione francese furono cancellati dalla memoria degli arronesi eliminando dall'archivio i documenti relativi al quel periodo che vide il comune annesso al Cantone di Terni nel Dipartimento del Clitunno.
    Con la Restaurazione, si tornò, per ciò che riguarda l'amministrazione, ai vecchi schemi interrotti nuovamente dall'instaurazione del periodo napoleonico, durante il quale Arrone divenne parte del Dipartimento del Trasimeno-Circondario di Spoleto-Cantone di Terni.
    Nel 1817, in seguito ad un motu proprio che prevedeva la riduzione dei comuni meno popolosi, Casteldilago, Polino e Buonacquisto passano da comuni ad appodiati di Arrone, mantenendo comunque un sindaco ed una certa autonomia; le riunioni del consiglio si tenevano in Arrone con due rappresentanti per ogni appodiato.
    Nel 1829 Casteldilago e Polino tornarono comuni autonomi; il territorio nel 1830 contava 1999 abitanti.
    La breve parentesi della II Repubblica Romana, che non trovò grande seguito nel paese, non sconvolse i ritmi amministrativi che con la Restaurazione videro instaurarsi una Commissione municipale provvisoria.
    Nel 1859 Arrone era governato da un priore, due anziani, otto consiglieri.
    Nel 1860, il Comune si espresse all'unanimità in favore dell'annessione al Piemonte.

    O. PANFILI, L. PIRRO, Storia di Arrone da feudo a municipio. Volume I, Arrone, 1983, (Quaderni di studi e ricerche sociali, 3), pp. 12-43.
    M. TABARRINI, L'Umbria si racconta. Dizionario A-D, Foligno, 1982, pp. 84-87.



  • Redazione e revisione:
    Pennoni Laura, 01/01/1995, ordinamento e inventariazione / Piccinini Rosanna, 01/01/1992, ordinamento e inventariazione