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Boni, Michelangelo

  • Persona
  • Cagli (PU) 1804 gennaio 15 - Cagli (PU) 1858 ottobre 15
  • Michelangelo Boni nacque in Cagli nell’anno 1811. Figlio di Nicola, “giusperito valentissimo” e della nobildonna urbinate Paolina Bricchi. La famiglia Bricchi ha rappresentato una delle casata più importanti di Urbino, testimoniata fin dal XIII secolo e dalla quale provennero illustri personaggi come Fabio, vissuto nel XIII secolo e membro dei cavalieri detti Pii; il canonico Francesco, vissuto nel XVII secolo, teologo e celebre storico ed annalista di Cagli, autore di operette ascetiche e storiche, tra i noti annali cagliesi; Michelangelo che ricoprì l’ufficio di governatore in varie città del centro Italia, tra cui Fossombrone, Gubbio, Pesaro e Faenza, svolgendo anche la mansione di uditore di Rota civile a Faenza ed a Genova. La paterna famiglia Boni, di più recente nobiltà, tra i suoi esponenti più illustri annovera: Giovanni, nominato gentiluomo nel 1725 dal presidente dello Stato d'Urbino, esercitò importanti incarichi presso le legazioni di illustri città e rese grandi servigi alla patria; Michelangelo (nonno del nostro Michelangelo), egregio dottore in legge a cui la città di Cagli conferì, con suffragio unanime, il primo grado di patriziato unitamente alla sua discendenza in perpetuo; Nicola (figlio di Michelangelo e padre del nostro Michelangelo), anch'egli lasciò buona fama di sé sia come avvocato che come cittadino. In merito sempre a Nicola, nel “Dizionarietto biografico cagliese” del Tarducci, è scritto: “Studiò prima in patria e poi alla Sapienza di Perugia dov’ebbe laurea ad onore. Pose il suo studio a Pesaro per la pratica criminale; ma l’amore per il luogo natio lo ricondusse a Cagli ove si sposò con Paolina Bricchi, ultimo rampollo di famiglia chiarissima. Ebbe qui ogni carica: era l’oracolo a cui da tutti si ricorreva per consiglio ed aiuto. La sua casa era quindi frequentatissima; e non eravi persona che non ammirasse in lui cortesia, interezza, bontà. Menò vita di sessantotto anni sino agli ultimi del 1840”. Degno di nota è, infine, anche il di lui figlio e fratello di Michelangelo, il signor Giuseppe il quale, seguendo le orme paterne, si dedicò, in Roma, allo studio della giurisprudenza; tornato in patria ebbe l’ufficio di difensore dei poveri e dalla comunità cagliese ottenne la licenza per aprire una propria scuola di diritto canonico e civile alla quale si dedicò attivamente fino all’anno 1859. Nell’anno 1846 fu nominato gonfaloniere ed in siffatta carica era solito visitare le scuole del territorio per verificare il grado di istruzione dei giovani scolari. Ricoprì nel corso di più anni, anche, la mansione di consigliere provinciale. Convolò in prime nozze con la nobildonna Luisa dei conti Righi-Luperti, la quale, però, morì dopo pochi mesi dal matrimonio. Risposò, in seconde nozze, la signora Giuseppina Bernabei di Gubbio, ove si traferì ottenendo diverse cariche pubbliche. Recatosi nell’anno 1867 in Perugia per discutere una causa criminale fu raggiunto da febbre che lo portò alla morte a soli sessantanni. Dell’infanzia di Michelangelo non si hanno notizie, risalendo le prime informazioni certe al periodo del suo giovanile soggiorno romano, dall’anno 1830 fino all’anno 1834, presso la celebre Accademia Pontificia di San Luca. Di questo importante momento, presso il fondo Michelangelo Boni, rimangono cinque attestati di merito rilasciati dal preside e da maestri di detto ateneo. Secondo lo storico locale Attilio Maestrini, così come confermato nelle pagine del citato “Dizionarietto biografico cagliese”, pare che Michelangelo seppe mettersi così in luce da diventare l’allievo preferito dal celebre architetto e maestro Valadier. Così scrisse, infatti, il Maestrini nella sua opera titolata “Alla memoria di Michelangelo Boni architetto Cagliese” ed edita in Cagli nell’anno 1858: “alla scuola del Valadier diedesi tanto fervore e diligenza allo studio del disegno e della regola che al murare appartengono, che in poco d’ora si lasciò addietro i suoi discepoli”. Al periodo romano, a detta sempre del Maestrini così come successivamete ribadito da Lorenzo Pagnini nel suo saggio titolato “Il fondo disegni di Michelangelo Boni architetto a Cagli (1811 – 1858). Un allievo vitruviano e neopalladiano della scuola del Valadier nelle Marche”, risalirebbero un album di disegni composto nell’anno 1834 ed un nutrito numero di disegni di piccolo e medio formato, tutti documenti ancora oggi conservati presso l’archivio Boni. Sempre nell’anno 1834 il Boni fece ritorno in patria, iniziando da subito la sua carriera di architetto. Di questo cruciale momento, in archivio, si conserva l’attestato di pubblica lode rilasciato dall’allora gonfaloniere di Cagli, nell’anno 1835, ove viene lodato il percorso formativo e di studi maturato dal Boni tra Roma e Cagli e salutate le prime esperienze professionali del giovane architetto. Tuttavia il Pagnini sottolinea come il Boni, nonostante fosse stato il miglior allievo del Valadier, “non ebbe fortuna nella sua città come architetto. L’attività svolta fu dedicata prevalentemente ad opere minori; interventi strutturali e di ripristino dedicati a preesistenze. Nella sua carriera professionale mancano di fatto opere complete e non sono ricostruibili allo stato attuale degli studi dei progetti unitari tranne quello del nuovo teatro della città che tuttavia non vide mai realizzazione”. Grazie, sempre, al Maestrini è possibile ricostruire con precisione l’elenco delle opere progettate e realizzate dal Boni in Cagli, tra edifici eretti ex novo e gli interventi di consolidamento e restauro, specie su edifici preesistenti quali palazzi e chiese. Questo elenco risulta fondamentale per ricostruire l’operato del Boni poiché va a colmare le diverse lacune documentarie dovute dalla più che certa perdita di molti rilievi e disegni progettuali non più presenti all’interno dell’attuale raccolta di disegni. Per la comunità di Cagli curò la realizzazione della rete fognaria dal nuovo mercato o mattatoio con scarico delle acque reflue nel fiume Bosso. Relativamente agli interventi applicati nel panorama ecclesiastico cagliese, e non solo, si ricordano: il restauro del monastero di Fonte Avellana su incarico affidatogli direttamente dal maestro Valadier; la nuova travatura, i pilastri, il nuovo pavimento, le mense degli altari laterali, la nicchia dell'altare di Sant’Antonio ed alcune scale per la chiesa di San Francesco; il consolidamento del loggiato del chiostro interno del convento di San Domenico; la mensa dell'altare Maggiore, il ciborio, il locale destinato a nuovo collegio femminile ed una nuova ala per la chiesa e monastero di San Pietro delle monache Benedettine; i portali e la balaustrata della chiesa cattedrale. Infine, quali interventi civili e privati, si enumerano: la completa ricostruzione dell'interno del palazzo Pierfranceschi; la ridistribuzione degli interni e l’abbellimento della facciata del palazzo Boni; il restauro e l’ampliamento del palazzo Bricchi; alcuni importanti restauri interni ed esterni applicati alla fabbrica del palazzo Berardi, Mochi-Zamperoli; la costruzione della Locanda di Smirra; il restauro ed ingrandimento del molino di Santa Croce; la ristrutturazione della casa Traversi e della casa Benincasa; il disegno del nuovo cornicione per palazzo Mavarelli. Di questi interventi architettonici né dà ampia notizia, anche, Alberto Mazzacchera nelle sue tre pubblicazioni: “Il forestiere in Cagli. Palazzi, chiese e pitture di una antica città e terre tra Catria e Nerone” (Urbania, 1997), “Cagli" in "Palazzi e dimore storiche del Catria e Nerone” (Bari, 1998) e “Portali gentilizi a Cagli” (Urbania, 1999). A questi interventi concretamente realzzati, come giustamente ha fatto notare il Pagnini, debbono aggiungersi una serie di progetti o rilievi (la maggior parte dei quali ancora conservati all’interno del più volte menzionato corpus dei disegni) dedicati ad alcuni interventi architettonici che di fatto, però, non vennero mai realizzati dal Boni, quali: la ristrutturazione del civico cimitero di Cagli; la fonte da erigersi nella facciata del duomo cagliese a fianco della porta centrale; la ristrutturazione del campanile della medesima chiesa cattedrale; il noto ed importante progetto per il nuovo teatro della città di Cagli. Questa, a grandi linee, è l’attività progettuale ed ingegneristica svolta in patria dall’architetto Boni la quale, come si è già detto, è in parte ancora riscontrabile e ricostruibile grazie, anche, ai disegni contenuti nel fondo Boni. In merito a questa raccolta il Pagnini ha ben commentato: “L’inedito fondo disegni di Michelangelo Boni rappresenta, dunque, un autentico prontuario accademico e formativo della scuola del Valadier; delle tecniche di rappresentazione, del larghissimo uso del disegno a matita e delle idee progettuali mature per la cagli di primo Ottocento”. Se indubbia è la preminenza dell’arte architettonica ed ingegneristica (nel fondo dei disegni si conservano alcune tavole dedicate alla costruzione di macchine edili) all’interno del percorso formativo e professionale di Michelangelo, tuttavia tutte le fonti consultate, come del resto molte delle tavole presenti nel corpus dei disegni, mostrano a chiare lettere una parallela, florida, attività culturale, a tutto tondo, svolta dal Boni in favore della sua città natia. Spinto, infatti, dall’amore per la letteratura, la mitologia, l’archeologia, la pittura e la storia patria, il Boni, in occasione di molti dei citati interventi di restauro e consolidamento applicati ai diversi edifici cittadini, tanto religiosi, quanto civili, riuscì a riportare alla luce diversi antichi manufatti, soprattutto affreschi, nascosti dall’incedere dei secoli. Al Boni si devono la riscoperta, nell’anno 1838, di due affreschi, occultati da un grande ornato ligneo e dal successivo intonaco, all’interno della chiesa di San Francesco; una volta staccati furono posizionati ai lati del primo altare laterale destro, quello dedicato a Sant'Antonio da Padova. Questi affreschi, un tempo assegnati a Guiduccio Palmerucci, sono stati, oggi, attribuiti ad Antonio Alberti da Ferrara, il maestro attivo, dopo i Salimbeni, nel prezioso oratorio di San Giovanni in Urbino. Nella stessa chiesa, sempre alla perizia del Boni si deve la scoperta di ulteriori affreschi raffiguranti il matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria. Per la chiesa di San Domenico, nell’anno 1845, ritrovò e staccò un frammento di affresco raffigurante la testa di San Sebastiano; ritenuto sicura opera di Giovanni Santi, è oggi conservato presso i depositi museali di Cagli. Sempre in San Domenico il Boni recuperò un altro piccolo affresco ritraente la scena dell’Annunciazione. Di questi importanti ritrovamente ne dà ampia notizia Luigi Rossi nella sua manoscritta "Storia di Cagli" conservata, in due tomi, nella civica biblioteca comunale. A testimoniare, ulteriormente, la lungimiranza e l’amore per la conservazione del patrimonio culturale locale è il recupero e successivo acquisto di un affresco ritrovato in Sant’Angelo in Vado ed attribuito allo Zuccari. L’affresco ritraeva il principe Cesare Borgia genuflesso avanti al duca di Urbino Guidobaldo nell’atto di chiedere venia per tutte le sue malfatte. Una volta segato e staccato, il Boni si fece carico di trasportarlo nella sua Cagli, posizionandolo, nell’anno 1858, in una stanza del palazzo Berardi-Pescelacci di proprietà, appunto, della nobile casata cagliese dei Pascelacci. E lì vi rimase fino a pochi anni orsono. Quale testimonianza scritta (ancora presente in archivio) atta a certificare l’amore e l’attaccamento del Boni verso i principali monumenti ed opere d’arte della città, è l'autografo manoscritto, redatto nell’anno 1854 e dedicato alle più importanti pitture prodotte nei secoli ed ancora conservate presso le diverse chiese della città di Cagli, amaramente depauperata di molte opere durante la spoliazione napoleonica. Questi ed altri ancora interventi valsero al Boni la nomea di colto e generoso erudito, come anche di uomo caritatevole nei confronti dei più poveri della città, come testimonia la beneficenza elargita ai malati durante l'imperversare del colera. Sempre al suo impegno si deve la costituzione, in Cagli, della scuola comunale di disegno che ha formato, nel corso dei decenni, molti valenti artisti ed artigiani nella lavorazione e intaglio della pietra, del legno e del ferro. Da questa scuola è derivato il noto Istituto Statale d'Arte Gaetano Lapis di Cagli. L’amicizia ed il sostegno verso gli artisti ed i mestieranti della sua patria viene cristallizzato dal suo testamento. Non avendo avuto eredi diretti o delfini, affinché “la patria abbia soggetti che l’onorino colle belle arti”, lasciò erede universale di tutte le sue sostanze e ricchezze il pio Ospizio, detto di Tata Giovanni, in Roma il quale doveva provvedere in favore di tutti quei giovani cagliesi, lì ospitati, “che amassero e bramassero dedicarsi allo studio delle belle arti, o mestieri, che appartengono alla costruzione delle fabbriche, o edifici, come la scultura, pittura, intagliatore, falegname, ferraio, ottonaro, caldararo, muratore, doratore, scalpellino ed altri mestieri simili”. Quale esecutore testamentario, da quanto è possibile evincere dalla scrittura lasciata al notaio cagliese Luigi Priori Grassi il 31 dicembre 1846 ed aperta in data 16 ottobre 1858, nominò il di lui fratello Giuseppe così come ci informa il Maestrini scrivendo: “Lascio al mio dilettissimo fratello Giuseppe … questo riflesso che mi ha determinato di disporre delle mie sostanze a favore della classe indigente dei miei concittadini, onde la patria abbia soggetti che l’onorino colle belle arti: e tal riflesso mi induce a credere, che egli animato da egual sentimento di filantropia anzi che dolersi della mia disposizione, sarà per lodarla ed accettarla”. Dal più volte menzionato “Dizionarietto” del Tarducci, è stato possibile recuperare, invece, il testo integrale della citata disposizione testamentaria che recita: “Istituisco, nomino e voglio che sia erede proprietario ed usufruttuario insieme ed universale di tutti i miei beni stabili, mobili e semoventi, crediti, ragioni, azioni presenti e future il pio Stabilimento ossia l’Ospizio detto volgarmente di Tata Giovanni in Roma, con obbligo al medesimo però di ritenere in educazione ed alimentare anche in caso di malattia, vestire e con spese di viaggi tanto per gita in Roma che per ritorno, quei ragazzi cagliesi che amassero e bramassero dedicarsi allo studio di belle arti e mestieri che appartengono alla costruzione delle fabbriche o edifici, come la scultura, pittura, intagliatore, falegale, ferraio, ottonaro, caldararo, muratore, doratore, scalpellino ed altri mestieri simili. Il numero de’ragazzi sarà ragguagliato alle rendite della mia eredità, avendo pure riguardo alla professione che saranno per abbracciare; poiché il pio Stabilimento dalle fatiche di alcuni dedicati a certi mestieri ritrae presto un qualche lucro; e viceversa da alcuni giovani dedicati ad altri mestieri o niun lucro o tardi ne lo ritrae: perciò anche in questo dovrà lo stesso pio stabilimento calcolare la proporzione delle rendite col numero dei giovani, secondo l’introito e le spese, rimettendosi così alla coscienza di chi presiede il pio Istituto, sempre però di concerto con il magistrato di questa città nello stabilire il numero de’giovinetti. L’età stabilita per l’ingresso de’medesimi non sarà minode d’anni tredici, né potranno respingersi che compiti li venticinque anni d’età, profittando e partendo con buona condotta e senza riprensione. Dimesso l’uno, tosto subentrerà l’altro nel suo luogo. Gli aspiranti muniti del certificato giurato del proprio parroco comprovante la loro cristiana educazione e condotta, avanzando le opportune petizioni alla magistratura di Cagli, indicheranno l’arte a cui vogliono attendere e sarà cura della magistratura di presentare al pio Istituto e andare con quello di conserto sul numero di giovinetti e delle arti che saranno per abbracciare. Conoscendo la mia eredità non poter contenere il numero degli aspiranti, ordino perciò e voglio che in primo luogo siano esclusi i possidenti: che fra gl’indigenti siano preferiti gli orfani e coloro che promettono maggiore ingegno e genio per le belle arti. Se il numero de’concorrenti fosse maggiore a quanto corrispondono le rendite della mia eredità, voglio che siano imbussolati i nomi degli aspiranti e tratti a sorte, sotto condizione che un solo individuo sia prescelto in ciascun’arte”. Tra i tanti giovani cagliesi che usufruirono e giovarono del pio lascito Boni si ricorda Daniele Grossi che studiò, con lode, la scultura e le arti plastiche in Roma ed è ricordato, oltreche per qualche lavoro eseguito in Cagli (primi tra tutti le lapidi monumentali collocate nel palazzo comunale in memoria del Purgotti e del Mochi), per avere realizzato la fontana per i giardini reali in Belgio, la quale gli valse il dono di un orologio d’oro da parte dei monarchi. Michelangelo Boni morì, in Cagli, nell’anno 1858 ed il suo corpo venne tumulato nella chiesa di San Francesco; gli artigiani della città, in segno di gratitudine e riconoscenza per averli impiegati in occasione dei diversi lavori di restauro e consolidamento in questa applicati sotto la sua direzione, gli conferirono particolari e solenni esequie. Mentre la comunità di Cagli volle eternare il sentimento di gratitudine verso il compianto concittadino apponendo nel salone degli Stemmi del palazzo Pubblico di Cagli una lapide marmorea con incisa la seguente scritta: «MDCCCLXVI / A MICHELANGELO DI NICOLA BONI / ARCHITETTO / LA CUI SCIENZA NELL'ARTE / E' DA MOLTI EDIFICII ATTESTATA / E LA BONTÀ DELL'ANIMO / DAL BENEFICO / TESTAMENTO / ONDE LEGÒ OGNI SVA SOSTANZA / PERCHÉ POVERI GIOVANETTI CAGLIESI / IN PERPETVO FOSSERO EDVCATI IN ROMA / ALLE ARTI LIBERALI E MECCANICHE / IL MVNICIPIO RICONOSCENTE / POSE QVESTA MEMORIA / ERA NATO A DÌ V GENNAIO MDCCCIV / MORÌ IMMPROVISO IL XV OTTOBRE / MDCCCLVIII».
  • Redazione e revisione:
    Massimo Bonifazi, 11/09/2020, archivista collaboratore esterno, redazione
  • Bibliografia:
    Alla memoria di Michelangelo Boni. Architetto cagliese
    Dizionarietto biografico cagliese. Cenni storici su circa 360 cittadini di Cagli
    Immagine di Cagli
    Il forestiere in Cagli. Palazzi, chiese e pitture di una antica città e terre tra Catria e Nerone
    Cagli
    Portali gentilizi a Cagli
    Il “Fondo disegni” di Michelangelo Boni architetto a Cagli (1811-1858). Un allievo vitruviano e neopalladiano della Scuola di Valadier nelle Marche