Centro riabilitativo assistenziale e sanitario - CRAS di Macerata (1981-1998), Macerata (Macerata)
Ente
Estremi cronologici: 1981-1998
Intestazioni:
Centro riabilitativo assistenziale e sanitario - CRAS di Macerata (1981-1998), Macerata (Macerata)
Altre denominazioni:
Centro riabilitativo assistenziale e sanitario - CRAS di Macerata
/ Centro residenziale di assistenza socio-sanitaria - CRASS di Macerata, 1981-1985
[ Prima della delibera regionale n. 28 del 1985 il CRASS era stato istituito in seguito alla chiusura degli Ospedali psichiatrici provinciali come Centro residenziale di assistenza socio-sanitaria, al fine di garantire un'assistenza a quei ricoverati lungodegenti, non autosufficenti, senza possibilità di immediate dimissioni in ottemperanza a quanto definito con la legge 180/78. Questa denominazione è stata in uso dal 1981 al 1985 e poi sostituita con Centro riabilitativo assistenziale e sanitario ]
CRAS
Il CRAS ovvero Centro riabilitativo di assistenza sanitaria a carattere temporaneo venne creato a seguito della delibera regionale n.27/85, istitutiva del Dipartimento di salute mentale a struttura dipartimentale per garantire ai ricoverati le prestazioni sanitarie e sociali finalizzate alla riabilitazione e il reinserimento sociale.
Le premesse di questa struttura, attiva a partire dal 1981, risiedono infatti nelle noti legge di riforma dell'assistenza psichiatrica: la legge n. 180/78 aveva disposto il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici con il divieto di utilizzare tali strutture per ulteriori ricoveri e di costruirne di nuove a tale scopo (art. 7).
La tutela della salute mentale fu riorganizzata attraverso l'istituzione dei Servizi psichiatrici territoriali, da organizzare su base dipartimentale per garantire continuità terapeutica ai ricoverati. Il successivo passo legislativo (legge n.833 cosiddetta "Legge di riforma sanitaria") prevedeva infatti la distribuzione su tutto il territorio nazionale di una rete di Unità sanitarie locali per la prevenzione delle malattie fisiche e anche psichiche, integrando per la prima volta i servizi psichiatrici nel complesso dei servizi sanitari e sociali. Di conseguenza l'unità sanitaria locale quale struttura operativa del servizio sanitario nazionale subentrò nella gestione delle competenze che fino ad allora erano proprie di altri enti, quali l'Amministrazione provinciale.
A livello regionale, la regione Marche, con la delibera n. 1265 del 15-4-1980 fissava al 31 maggio 1980 il termine finale per la cessazione della deroga al ricovero presso gli Ospedali psichiatrici, di cui al primo comma dell'art. 64 della legge n. 833, in virtù della quale l'Ospedale psichiatrico perdeva di fatto la sua funzione peculiare per configurarsi piuttosto come struttura assistenziale per lungodegenti. Con la successiva delibera regionale n. 38 del 20 gennaio 1981 "Modifiche di intervento negli ospedali psichiatrici" veniva conferita alle Amministrazioni provinciali (la cui competenza sarebbe passata alle USL con il decreto regionale n. 2886 del 4 agosto dello stesso anno) la possibilità di convertire gli Ospedali psichiatrici in Centri residenziali di assistenza socio-sanitaria (CRASS) a favore di quei ricoverati, denominati "residuo manicomiale", presenti all'interno di tali strutture, che necessitavano ancora di assistenza sanitaria in quanto sprovvisti di adeguato domicilio consono alle loro condizioni psico-fisiche.
Con la successiva delibera dell'Amministrazione provinciale di Macerata n. 122 del 25-5-1981 si sanciva la definitiva chiusura dell'ONP e la sua trasformazione in Centro residenziale, con la prospettiva di ulteriori dimissioni dei ricoverati da destinare ad altre strutture di ricovero a livello territoriale. L'incarico di responsabile di questa struttura venne affidato a un dirigente amministrativo della USL, il dott. Fernando Carnevali, che aveva la funzione di amministrare, sorvegliare e organizzare i servizi del centro.
Tale incarico di gestione di una struttura appena sorta all'interno di una radicale trasformazione del servizio psichiatrico risultò essere alquanto gravoso e difficoltoso, considerando le nuove problematiche e l'assenza di un regolamento che potesse istruire sulle modalità di gestione del personale e di intervento sugli ospiti. Come si legge nella corrispondenza, il Carnevali denunciava le gravi e serie problematiche relative a questa istituzione, la quale mancava ancora di una precisa definizione a livello legislativo e amministrativo. I problemi più gravi erano relativi alla mancanza di coordinazione tra le varie equipes mediche che prestavano assistenza agli ospiti, sulla base della suddivisione per ambito territoriale di provenienza degli Ospiti stessi. Il Carnevali lamentava infatti l'assenza di una coordinazione a livello terapeutico che potesse veramente garantire ai degenti un'assistenza mirata e che potesse essere finalizzata al miglioramento e alla riabilitazione nel contesto sociale di provenienza quando possibile.
Intanto procedeva l'attività legislativa: nel 1985 la legge regionale n.27 rispondeva allo spirito di riforma contenuto nella legge 180/78 prevedendo l'istituzione del Dipartimento del servizio di tutela della salute mentale, di cui il CRAS sarebbe stato una delle strutture costituenti. A partire da questa data e da questo passo legislativo, venne modificata la denominazione della struttura in Centro riabilitativo di assistenza sanitaria (CRAS).
Per il caso maceratese, la USL n.15 provvedeva con delibera n. 805 del 1989 ad istituire il Dipartimento di salute mentale. Nella predetta delibera veniva privilegiata da parte della USL di Macerata la centralità dell'attività extra-ospedaliera dei presidi e servizi socio sanitari e comunitari, riservando al CRAS il compito di accogliere il residuo manicomiale. Si definiva quindi come un centro di riabilitazione a modulo non ospedaliero per l'assistenza medica, finalizzata attraverso l'attivazione di progetti e interventi al reinserimento del maggior numero di ospiti presso il loro domicilio o, quando questo non fosse stato possibile, presso le complementari strutture di assistenza attivate nel frattempo sul territorio e anch'esse parte del Dipartimento di salute mentale. A questo proposito, la delibera regionale n. 68 del 23/10/1989 aveva previsto un piano di interventi finanziari per il potenziamento dei servizi per la salute mentale che costituivano il Dipartimento di salute mentale. In applicazione di quanto previsto fin dalla legge n.833 all'art. 34 che recita "Gli interventi di prevenzione cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai presidi e servizi psichiatrici extra-ospedalieri", il dipartimento si venne a strutturare secondo i seguenti servizi: il Servizio diagnosi e cura presso l'Ospedale di Macerata, il Servizio di salute mentale (costituito dal Centro del dipartimento e il Centro dell'attività ambulatoriale situato in Via dei Velini), Centro servizi territoriali dell'USL n.15, il Centro di salute mentale (costituito dalla casa protetta a carattere residenziale per malati non autosufficienti), il Centro di recupero, due Casa famiglia (una a Piediripa e una a Collevario) e infine il CRAS per il residuo manicomiale.
A seguito di questo passo legislativo vennero quindi nominati il responsabile del dipartimento di salute mentale nella figura del dott. Lino Colleluori (già primario durante la direzione del dott. Corradini dell'ONP) e i due primari psichiatri, la dottoressa Padiglia per il reparto maschile e il dott. Ruggeri per il reparto femminile. Dopo una lunga gestazione (la prima bozza di regolamento era stata presentata fin dai tempi della direzione del dott. Carnevali e la definitiva approvazione ripetutamente rinviata) infine nel 1991 veniva approvato dal Comitato di gestione della USL n. 15 il "Regolamento e Mansionario per il funzionamento del CRAS" . L'obiettivo da perseguire era di garantire le prestazioni sia mediche che sociali finalizzate soprattutto alla riabilitazione e al reinserimento territoriale degli Ospiti, attraverso programmi di riabilitazione progettati dai Responsabili, con l'apporto di associazioni di volontariato e di intesa con l'equipe del territorio di provenienza degli ospiti provengono. I due primari coordinavano il personale sanitario e parasanitario, coadiuvati dal servizio ispettivo per quanto riguarda ferie, turni. Oltre al controllo delle presenze negli appositi registri del personale in servizio, gli ispettori avevano la responsabilità di verificare che venissero praticate le terapie agli Ospiti.
Un'altra funzione importante era quella svolta dall'assistente sociale, la quale contribuiva ai piani di riabilitazione e reinserimento, stabilendo contatti con gli altri servizi sociali e con i familiari degli ospiti e partecipando alle varie attività lavorative del CRAS. A questo scopo la cooperativa sociale "Il sentiero" di Macerata attivò una proficua collaborazione con gli ospiti durante gli anni e prosegue ancora oggi in questa attività.
La gestione amministrativa e economale era affidata alla Segreteria e all'Economato; quest'ultimo doveva provvedere anche alla gestione di un fondo cassa per le spese e le esigenze degli Ospiti, fondo costituito dalla ritenuta dei 2/3 delle pensioni degli Ospiti stessi. Sono infatti conservati i cedolini di pensione e il carteggio tra l'INPS e l'Ufficio economato per varie disposizioni in merito durante gli anni.
Era ancora prevista la figura del Cappellano, come nei precedenti Ospedali psichiatrici per l'assistenza religiosa.
Inoltre l'assistenza medica veniva assicurata dal medico di base, in stretto contatto con i medici primari del CRAS per gestire la salute degli Ospiti. A questo riguardo i fascicoli di corrispondenza della direzione dimostrano le difficoltà di gestione di questo aspetto.
L'assistenza specialistica era invece garantita all'interno della struttura del CRAS, ad eccezione di quei servizi per i quali era necessario far riferimento a ambulatori esterni, dell'Ospedale civile, come per esempio per le cure odontoiatriche.
Strutturato cosi il Regolamento e l'organizzazione del personale, il CRAS ribadiva la sua funzione di riabilitazione e reinserimento per quanto possibile degli Ospiti nel loro territorio di origine e dove ciò non fosse stato possibile, data l'anzianità, garantiva l'assistenza sanitaria a coloro che avevano condizioni mediche gravi derivanti anche da una lunga istituzionalizzazione.
Per quanto riguarda invece il piano di riabilitazione e risocializzazione per poter prospettare una possibile reintroduzione nel contesto sociale dal quale per lungo tempo gli Ospiti erano stati allontanati, venne istituita, la legge regionale n. 27/85 all'art. 8 comma 4 disponeva l'istituzione di una commissione con il compito di formulare proposte per agevolare il progressivo reinserimento degli Ospiti. Per i soggetti autosufficienti vennero intraprese iniziative a tale scopo, con l'organizzazione di spettacoli, gite ricreative, (numerose effettuate nell'arco degli anni in località prossime come Sarnano, le Grotte di Frasassi ma anche settimane al mare e escursioni in montagna e in città d'arte con molta partecipazione degli ospiti e anche una grande attivazione del personale), insieme ad attività di musico e arte terapia; a questo aspetto si aggiungeva inoltre i lavori protetti retribuiti svolti all'interno della struttura (piccole attività di pulizia, aiuto in guardaroba lavanderia e aiuto ai giardinieri) e presso anche delle cooperative locali, come la cooperativa sociale "Il sentiero" con la quale era stata stabilita una convenzione a posta e la cooperativa "Klizia".
Il Centro aveva carattere temporaneo in ragione del fatto che il suo fine era, all'interno del progetto di chiusura di manicomi, la progressiva dimissione di tutti gli Ospiti, alla quale sarebbe coincisa il definitivo esaurimento delle sue stesse funzioni. Nel corso degli anni infatti si può notare la progressiva diminuzione nel numero degli Ospiti, per il loro reinserimento o per il loro decesso data l'età e le condizioni di salute fino alla definitiva chiusura della struttura nel dicembre del 1998.
Nel 1982 gli Ospiti erano 257 divisi tra autosufficienti, psicotici e anziani non autosufficienti (i più numerosi) nel 1989 erano scesi a 170 (di cui 37 auto-sufficienti, 58 psicotici e 75 anziani non auto-sufficienti), nel 1996 a 104 (54 uomini e 50 donne). L'alto numero di ospiti anziani in condizioni sanitarie generali tali da escludere una loro futura accoglienza nelle strutture residenziali territoriali del Dipartimento di salute mentale richiedeva una particolare attenzione soprattutto per quanto si riferiva alle modalità di assistenza da erogare in attesa di un loro inevitabile e prossimo decesso.
La realizzazione di questo progetto di dimissione degli ospiti CRAS richiese comunque ulteriore tempo e un nuovo provvedimento legislativo: il cosiddetto Progetto obiettivo "Tutela della salute mentale 1994-1996", oltre a favorire e incrementare la creazione di Dipartimenti di salute mentale su tutto il territorio nazionale, rendeva ormai ineludibile il definitivo superamento dell'ospedale psichiatrico mediante l'attuazione di programmi mirati ad una nuova sistemazione dei degenti. La documentazione relativa all'attuazione del progetto obiettivo e la corrispondenza illustrano infatti la situazione ancora problematica relativa alla dismissione degli ospiti CRAS degenti presso la struttura di Santa Croce.
Intanto la distribuzione degli Ospiti all'interno delle strutture del ex-Manicomio aveva subito diversi cambiamenti, in ragione del numero progressivamente più esiguo e al passaggio di proprietà a partire dal 1980 dall'Amministrazione provinciale all'Azienda sanitaria locale. Il padiglione Centrale venne adibito ad ospitare gli uffici direzionali. Solo l'ala di fianco alla chiesa mantenne la sua destinazione d'uso originaria di ricovero per malati cronici sia uomini che donne. I registri documentano la presenza degli Ospiti uomini all'interno del padiglione Tanzi.
Il Padiglione Morselli ospitò le donne paganti fino a circa gli anni '80 per poi divenire sede del servizio di veterinaria e all'ultimo piano il CMAS. Con l'ultimo progetto del 1996 vennero apportate alcune modifiche alla distribuzione interna dei locali, per poter essere utilizzato come centro diurno per tossicodipendenti.
Il Bianchi mantenne la sua destinazione d'uso di padiglione per le donne fino al 1994, quando, essendo rimaste ormai le malate in numero esiguo, circa 56, furono finalmente accorpate con il padiglione Cerletti di più recente costruzione, portando a compimento un progetto avviato da più di un decennio.
Redazione e revisione:
Mannucci Francesca, 28/02/2011, Schedatura, ordinamento, inventariazione