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Comunità ebraica di Bologna

  • Ente
  • Estremi cronologici: 1864 -
  • Intestazioni:
    Comunità ebraica di Bologna
  • Altre denominazioni: Comunità ebraica / Associazione Volontaria Israelitica [ 1864-1929 ]
  • I. La presenza ebraica a Bologna fino all'Unità d'Italia

    La presenza ebraica a Bologna è documentata fin da epoca antichissima da testimonianze assai autorevoli: è lo stesso vescovo di Milano sant'Ambrogio, infatti, che nel 393 ricorda come le spoglie dei santi Vitale e Agricola sarebbero state ritrovate "in Iudeorum solo" (1). Dopo di ciò si hanno notizie cronachistiche rade e confuse, da una presunta cacciata nel 1171 ad un presunto rinchiudimento nel 1366, fino però al periodo tra Quattro e Cinquecento che si configura senz'altro come l'"epoca d'oro" dell'ebraismo bolognese: una vasta corrente migratoria proveniente da Roma e più in generale dall'Italia centrale creò a Bologna un nucleo ebraico che, sotto i Pepoli e i Bentivoglio, fu fiorente non soltanto sul piano economico e commerciale, ma anche su quello culturale e religioso (2): uscì dagli Sforno di Bologna il celebre Ovadiah Sforno (1475-1550), dotto rabbino, medico e intellettuale a vasto raggio (3); si ebbe a Bologna un'intensa attività editoriale in ebraico, con l'editio princeps dei Salmi nel 1477 e della Torah nel 1482 (4); molti studenti e docenti ebrei ebbero relazioni con le cattedre mediche dello Studio bolognese (5); nel 1488, poi, presso lo stesso Studio fu istituita una cattedra di ebraico.
    Il definitivo passaggio di Bologna sotto il dominio della Santa Sede, pur nelle peculiari forme del suo "regime misto" tra Senato cittadino e Legato pontificio, portò progressivamente verso quello che è stato definitivo l'"epilogo di una convivenza" (6): a seguito dell'applicazione anche a Bologna della bolla Cum nimis absurdum di Paolo IV del 14 luglio 1555, fu subito designato come "serraglio di Hebrei" lo spazio tra le attuali Vie de' Giudei, del Carro, dell'Inferno, Valdonica e Canonica, anche se gli Ebrei bolognesi furono poi effettivamente rinchiusi in questo ghetto soltanto nel 1566 (7), per poi però venirne espulsi una prima volta a seguito della bolla Hebraeorum gens di Pio V del 26 febbraio 1569 (8), esservi riammessi in applicazione della bolla Christiana pietas di Sisto V del 22 ottobre 1586 e di nuovo espulsi a seguito dell'applicazione della bolla Caeca et obdurata di Clemente VIII del 1593, dopo la quale Bologna rimase priva di una presenza ebraica di rilievo fino praticamente alla prima emancipazione di età rivoluzionaria e napoleonica, quando tornarono a insediarsi in città nuclei familiari provenienti per lo più dalle vicine città già di dominio estense (Cento, Modena e Reggio).
    Questa presenza poté rimanere stavolta anche negli anni della restaurazione pontificia (in particolare istituendo nel 1839 - ad opera di Angelo Carpi di Cento - un proprio oratorio), però di nuovo ridotta in condizioni di soggezione (fu proprio a Bologna che, ancora nel giugno 1858, si ebbe la vergognosa vicenda di Edgardo Mortara, sottratto alla famiglia perché ritenuto battezzato in articulo mortis da una domestica cattolica (9)) fino alla nuova emancipazione, intervenuta fin dal 1859 con il governo provvisorio di Luigi Carlo Farini e poi con l'Unità d'Italia.

    II. Le istituzioni ebraiche nella Bologna postunitaria

    A questo punto iniziano le vicende storiche e istituzionali più propriamente peculiari della comunità degli Ebrei bolognesi: tuttavia la consistenza di questa non era allora ancora così numerosa e cospicua, né compatta al suo interno, da permettere di addivenire all'istituzione di una comunità nei termini previsti dalla Legge Rattazzi del 1857 (10), estesa alle province dell'Emilia fin dal 1860, fermo restando però che "la creazione di nuove università" dovesse "aver luogo per decreto reale, sulla instanza della maggioranza degli israeliti elettori domiciliati da oltre un anno nel comune o nei comuni ai quali si dovesse estendere la comunità erigenda" (11). Infatti quando Lazzaro Carpi fu invitato come esponente degli Ebrei bolognesi al primo congresso israelitico italiano, tenutosi a Ferrara nel 1863, egli "declinò l'invito per la mancanza di una regolare rappresentanza, e deplorando che in quella città mai non si sarebbe presa l'iniziativa della creazione dell'università "per luttuoso indifferentismo o per viste economiche poco generose", chiese un provvedimento legislativo che costituisse obbligatoriamente le comunità dove esistesse un certo numero di ebrei" (12); ciò non di meno, "un gruppo appunto di ebrei bolognesi protestò pubblicamente per le stampe che "non vedevano necessaria tale misura, anzi credevano non esservene assoluto bisogno, essendosi provveduto a ciò che era indispensabile, e le facilitate comunicazioni rendendo agevole provvedere alle circostanze straordinarie che potessero sopravvenire"" (13).
    Fu così che nel 1864 si venne piuttosto all'istituzione di una "Associazione Volontaria Israelitica", fondata appunto da Lazzaro Carpi e da Alessandro Carpi e partecipata dai "condomini" che acquisirono gli spazi di Via de' Gombruti in cui organizzare culto e vita comunitaria, e dove nel 1877 fu eretto il primo locale ad uso di tempio (14).
    Soltanto successivamente si sentì l'esigenza di meglio gestire e di concentrare più strettamente le funzioni di culto, istruzione e assistenza nelle forme normative consuete per le opere pie di culto e di beneficenza, attraverso la creazione dell'"Opera del Tempio Israelitico in Bologna", eretta in ente morale legalmente riconosciuto con R. D. del 22 ottobre 1911; essa aveva lo "scopo di conservare ed eventualmente ampliare il Tempio destinato a detto culto [...] mettendolo a disposizione della locale Associazione Volontaria Israelitica (cui spetta l'officiatura)", acquisendo "l'attuale Tempio e annessa casa in Via Gombruti N. 19 che fu acquistata a scopo del culto" quale parte principale del suo patrimonio e potendo assumere la gestione di lasciti, eredità e donazioni "disposti per sussidiare gli israeliti poveri" (15).
    Si venne così a creare una sorta di "diarchia" istituzionale tra Associazione Volontaria Israelitica e Opera del Tempio Israelitico, destinata peraltro a persistere anche quando, dopo che il 3 giugno 1928 i membri di Associazione Volontaria Israelitica e Opera del Tempio avevano inoltrato istanza per l'applicazione anche a Bologna della Legge 2325/1857 (16), questa fu accolta con R. D. del 6 settembre 1928, con cui si giunse finalmente alla trasformazione dell'Associazione Volontaria Israelitica in una "Università Israelitica", ovvero in una comunità ebraica ai sensi della allora ancora vigente Legge Rattazzi (17): questo in un contesto politico in cui l'ebraismo italiano aveva già formulato voti al governo per la stesura di una nuova "legislazione unica" (18), che si ebbe in effetti con il R. D. 30 ottobre 1930 n. 1731, ai sensi del quale anche quella bolognese fu eretta in "Comunità israelitica" intesa come corpo morale che provvede "al soddisfacimento dei bisogni religiosi degli israeliti secondo la legge e le tradizioni ebraiche". Tale diarchia gestionale e patrimoniale, passata attraverso anche il commissariamento e i provvedimenti di sequestro di "beni ebraici" attuati sotto l'imperio della Repubblica Sociale Italiana, si sarebbe peraltro conservata intatta fino all'"Intesa tra la Repubblica Italiana e l'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane", siglata a Roma il 27 febbraio 1987 (19), il cui Articolo 22 ("Estinzione di enti ebraici") ha inserito tra gli "enti soppressi" il cui patrimonio "è trasferito alle Comunità di appartenenza" anche l'"Opera del tempio israelitico - Bologna".
    Sul piano più generale, dopo il 1860 si assistette allo sviluppo nella piena integrazione che caratterizzò la vita ebraica italiana nell'età postunitaria, che vide gli Ebrei bolognesi pienamente partecipi della vita cittadina su tutti i piani e che ebbe passaggi significativi come l'attivazione del cimitero ebraico all'interno cimitero comunale della Certosa, dovuta all'impegno del rabbino Marco Momigliano, in carica dal 1892 al 1899 (20), e la costruzione del nuovo tempio, iniziato nel 1900 sotto la guida dell'architetto Attilio Muggia (1859-1936 (21)) e inaugurato il 4 novembre 1928.
    Anche a Bologna il mondo ebraico cittadino si dovette confrontare con il Fascismo, dividendosi tra consenso e contrasto (22), fino alla cesura definitiva delle leggi antisemite adottate del regime fascista (23): il Consiglio della Comunità ebraica bolognese si dimise il 14 dicembre 1938, e con D. M. dell'11 febbraio 1939 Gino Terenzi, Ragioniere capo della Prefettura di Bologna, fu nominato commissario governativo per la temporanea gestione della comunità, carica che conservò fino alla Liberazione. Dopo il punto di svolta dell'8 settembre 1943 le persecuzioni nazifasciste infierirono poi sempre più ferocemente: le deportazioni attuate a partire dal novembre 1943 causarono alla Comunità ebraica bolognese ben 84 vittime (24), fra cui anche il rabbino Alberto Orvieto (che era in carica fin dal 1899); tra gli Ebrei bolognesi si distinsero e si sacrificarono uomini come: Mario Finzi, attivo responsabile della Delegazione per l'Assistenza agli Emigranti Ebrei (Delasem) (25); Franco Cesana, il più giovane combattente partigiano d'Italia (26); l'avvocato Mario Jacchia (27).
    La faticosa ripresa, descritta con accenti commossi e partecipati nelle testimonianze di molti che l'hanno vissuta, iniziò praticamente subito dopo la Liberazione del 21-22 aprile 1945. Le elezioni per il rinnovo del Consiglio della Comunità Israelitica di Bologna si tennero già il 10 febbraio 1946; la conclusione simbolica del percorso di ricostruzione materiale si ebbe nel 1954 con l'inaugurazione dell'attuale Tempio, progettato dall'architetto Guido Muggia, figlio di Attilio Muggia, sulla scia del lavoro del padre.


    (1) Ambrosius, Epistulae, 40, 7.
    (2) Cfr.: E. Loevinson, Notizie e dati statistici sugli Ebrei entrati a Bologna nel secolo XV, "Annuario di studi ebraici", 1935-1937, pp. 125-173; I. Sonne, Per la storia della Comunità ebraica di Bologna agli inizi del secolo XVI [in ebraico], "Hebrew Union College Annual", 16 (1941), pp. 35-98; A. I. Pini, Famiglie, insediamenti e banchi ebraici a Bologna e nel Bolognese nella seconda metà del Trecento, "Quaderni storici", a. XVIII, n. 54 (1983), pp. 783-816; M. Perani, Momenti e testimonianze di vita e cultura ebraica a Bologna, Bologna, Clueb, 1990; N. R. Ottolenghi, Breve storia della Comunità Ebraica di Bologna, Bologna, Copisteria Irnerio, 19933; L'oro piu prezioso: la ricchezza della tradizione ebraica che vive attorno e nella città di Bologna, Bologna, Comune di Bologna - Assessorato al turismo, 1994; I frammenti ebraici di Bologna: Archivio di Stato e collezioni minori. Inventario e catalogo, redatti da M. Perani e S. Campanini, Firenze, L. S. Olschki, 1997 (Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, 108); L. Steindler, Ebrei a Bologna, "Zakhor: rivista di storia degli ebrei d'Italia", n. 1 (1997), pp. 238-242; L. Pardo, D. Segal, Iscrizioni ebraiche del museo civico di Bologna, "il Carrobbio", XXVI (2000), pp. 83-109; Vita religiosa ebraica a Bologna nel Cinquecento. Gli statuti della Confraternita dei solerti, a cura di M. Perani e B. Rivlin, Prefazione di R. Bonfil, Firenze, Giuntina, 2000; La cultura ebraica a Bologna tra medioevo e rinascimento, Atti del convegno internazionale (Bologna, 9 aprile 2000), a cura di M. Perani, Firenze, Giuntina, 2002.
    (3) S. Campanini, Un intellettuale ebreo del Rinascimento: 'Ovadiyah Sforno a Bologna e i suoi rapporti con i Cristiani, in Verso l'epilogo di una convivenza. Gli Ebrei a Bologna nel XVI secolo, a cura di M. G. Muzzarelli, Firenze, Giuntina, 1996, pp. 99-128; M. G. Muzzarelli, Ebrei, famiglie e città: gli Sforno di Bologna, "Zakhor: rivista di storia degli ebrei d'Italia", n. 3 (1999), p. 59-77.
    (4) Cultura ebraica in Emilia-Romagna, a cura di S. M. Bondoni e G. Busi, Rimini, Luisè, 1987, pp. 475-480 [poi in: G. Busi, La tipografia ebraica a Bologna, in La cultura ebraica a Bologna tra medioevo e rinascimento, cit., pp. 71-81].
    (5) S. Arieti, F. Raspadori, Su alcuni medici ebrei a Bologna, in Acta congressus internationalis XXIV historiae artis medicinae (25-31 augusti 1974, Budapestini), S. n. t., pp. 1408-1413; S. Arieti, Laureati e docenti ebrei presso lo Studio bolognese, in La cultura ebraica a Bologna tra medioevo e rinascimento, cit., pp. 193-198.
    (6) M. G. Muzzarelli, Ebrei, Bologna e sovrano-pontefice: la fine di una relazione tra verifiche, restrizioni e ripensamenti, in Verso l'epilogo di una convivenza, cit., pp. 19-53.
    (7) Il Ghetto: Bologna, storia e rinascita di un luogo, a cura di S. Vincenzi, testi di P. Camporesi et al., Bologna, Grafis, [1993]; Il Ghetto riscoperto. Bologna, recupero e rinascita di un luogo, testi di A. Benuzzi et al., Bologna, Grafis, 1996; M. Gervasio, Il "Chiuso degli Ebrei". Contrade, strade e portoni del Ghetto, in Verso l'epilogo di una convivenza, cit., pp. 177-212; Ghetti e giudecche in Emilia-Romagna. Immagini per un percorso storico di recupero e di valorizzazione, a cura di F. Bonilauri e V. Maugeri, Roma, De Luca Editori d'Arte, 2004 (Quaderni del Museo Ebraico di Bologna, 4), pp. 44-47.
    (8) D. Carpi, L'espulsione degli Ebrei dallo Stato della Chiesa all'epoca di papa Pio V e i processi dell'Inquisizione contro gli Ebrei di Bologna (1566-1569) [in ebraico], in Scritti in memoria di Enzo Sereni: saggi sull'ebraismo romano, a cura di D. Carpi, A. Milano, U. Nahon, Gerusalemme, Fondazione Sally Mayer, 1970, pp. 145-165.
    (9) D. Scalise, Il caso Mortara: la vera storia del bambino ebreo rapito dal papa, Milano, Mondadori, 1997.
    (10) Cfr.: Legge e Regolamento 4 Luglio 1857 sulle Università Israelitiche, con commenti, note di giurisprudenza e quadri di raffronto, Torino, edito a cura del "Vessillo Israelitico", 1917.
    (11) M. Falco, Lo spirito della nuova legge sulle Comunità Israelitiche italiane, "La Rassegna mensile di Israel", vol. VI, n. 1-2 (Maggio - Giugno 1931), pp. 3-22 dell'estratto, a p. 4.
    (12) Ibidem, pp. 4-5.
    (13) Ibidem, p. 5.
    (14) Cfr. (anche per le successive vicende edilizie): La sinagoga di Bologna. Vicende e prospettive di un luogo e di una presenza ebraica, a cura di L. Pardo, Bologna, Pendragon, 2001, passim.
    (15) Cfr. Statuto fondamentale dell'"Opera del Tempio Israelitico" in Bologna, Bologna, Tipografia Militare, 1911.
    (16) Archivio della Comunità ebraica di Bologna, Verbali delle adunanze del Consiglio, 1.
    (17) Relazione morale dell'Associazione Volontaria Israelitica di Bologna dalla fondazione (1864) alla sua trasformazione (1° gennaio 1930). Approvata e pubblicata per deliberazione unanime dell'Assemblea generale del 22 febbraio 1931 - IX / 5 adar 5691, Bologna, Società Tipografica già Compositori, 1931.
    (18) R. De Felice, Storia degli Ebrei italiani sotto il Fascismo, Torino, Einaudi, 1994, p. 103.
    (19) Pubblicata sul Supplemento alla "Gazzetta Ufficiale" n. 69 del 23 marzo 1989, in allegato alla Legge n. 101 dell'8 marzo 1989 con cui veniva approvata e recepita.
    (20) Discorso recitato il sabbato 24 marzo 1877 dal rabbino Marco Momigliano sull'importanza dell'inaugurazione del tempio, S. n. t., [1877]; M. Momigliano, Alle benemerite signore che generosamente contribuirono colle loro offerte all'edificazione del tempio israelitico, questa pubblica testimonianza dedica l'autore, Bologna, Tip. Legale già del Sole, 1877; M. Momigliano, Cantico del rabbino Marco Momigliano per l'inaugurazione del nuovo tempio israelitico di Bologna tradotto in versi italiani dal prof. Enrico Cavalieri Panzachi, Livorno, A. Finzi, [1877]; Marco Momigliano, rabbino maggiore della associazione israelitica di Bologna: autobiografia, Bologna, Tip. Militare, 1897; M. Momigliano, Autobiografia di un rabbino italiano, con una nota di A. Cavaglion, Palermo, Sellerio, 19912.
    (21) Sulla sua rilevante figura cfr.: G. Muggia, Prof. Ing. Attilio Muggia dell'Università di Bologna. Note biografiche, Bologna, Tip. Compositori, 1951; P. Lipparini, Attilio Muggia: tecnica e didattica nell'architettura, "Strenna Storica Bolognese", XLVIII (1998), pp. 259-279; M. G. Murolo, Architettura eclettica a Bologna tra Ottocento e Novecento. L'opera di Attilio Muggia, "Strenna Storica Bolognese", LI (2001), pp. 259-276.
    (22) G. Sacerdoti, Ricordi di un ebreo bolognese: illusioni e delusioni. 1929-1945, prefazione di R. De Felice, Roma, Bonacci, 1983; N. S. Onofri, Ebrei e fascismo a Bologna, Crespellano (BO), Grafica Lavino, 1989.
    (23) Cfr. i fondamentali: L'applicazione della legislazione antisemita in Emilia Romagna, a cura di V. Marchetti, Bologna, Il Nove, 1999; G. P. Brizzi, Bologna 1938: Silence and Remembering. The Racial Laws and the Foreign Jewish Students at the University of Bologna, preface of R. Levi-Montalcini, Bologna, Clueb, 2002; La cattedra negata. Dal giuramento di fedeltà al fascismo alle leggi razziali nell'Università di Bologna, a cura di D. Mirri e S. Arieti, Bologna, Clueb, 2002; Il difficile rientro. Il ritorno dei docenti ebrei nell'università del dopoguerra, a cura di D. Gagliani, Bologna, Clueb, 2004. Testimonianze dirette in: A. Grasselli, Stranieri in patria. Gli ebrei bolognesi dalle leggi antiebraiche all'8 settembre del 1943, Bologna, Pendragon, 2006.
    (24) L. Pardo, Lontano da qui, chissà dove, chissà quando...: vicende di ebrei a Bologna quarant'anni fa..., "Strenna Storica Bolognese", XXXV (1985), pp. 241-254.
    (25) Cfr.: G. Muggia, Fatti e figure ebraiche nella lotta antifascista in Italia: Mario Finzi, Franco Cesana, S. n. t., [1963]; R. Peri, Mario Finzi (Bologna, 1913 - 1945, Auschwitz) o del buon impiego della propria vita, prefazione di V. Telmon, Bologna, Giorgio Barghigiani Editore, 1995.
    (26) Cfr.: Muggia, Fatti e figure ebraiche nella lotta antifascista, cit.; G. Volli, Il piu giovane partigiano d'Italia caduto per la libertà: Franco Cesana, "La Rassegna mensile di Israel", vol. XXX, fasc. 6-7 (1964), pp. 8.
    (27) In memoria di Mario Jacchia, a cura di G. Borghese et al., Bologna, Tip. Grafica Emiliana, [1946].