Francesco Geraci nacque l'11 giugno 1889 a Campo Calabro da Placido, medico di vasta cultura, e da Giuditta Sofia Moretti. L'appartenenza ad una famiglia borghese, distintasi per le tradizioni liberali democratiche, ha indubbiamente esercitato una particolare influenza sulla sua formazione politica e culturale. Pochi anni prima della fine del secolo la famiglia Geraci lasciò la casa di Campo Calabro e si trasferì a Reggio. Quì Francesco intraprese gli studi e frequentò il Liceo Ginnasio Campanella in uno stimolante ambiente illuminato e progressista. Utilizzando il periodico locale "Risurrezione", Geraci ed altri tre liceali, Sardiello, Priolo e Cimmato, lanciarono la proposta di costituire la "Federazione dei Giovani Calabresi", in seguito chiamata "La Giovane Calabria", che realizzava "l'idea di un' associazione di forze giovanili, studenti e operai, che approfondisse e divulgasse la conoscenza dei problemi riguardanti il progresso politico e sociale della nostra regione" (G. Cingari, G. Calarco per il Socialismo, Reggio Calabria, 1975). L'iniziativa, seguita con molto interesse anche da Gaetano Salvemini, non ebbe un lungo cammino, soprattutto perchè molti aderenti, i più capaci, si allontanarono per proseguire gli studi nei vari licei ed atenei d'Italia, mentre la stragrande maggioranza della gioventù calabrese, definita da Geraci "schiere tabescenti e curve dal lungo servaggio", non aveva accolto l'appello dei quattro giovani.
Francesco Geraci continuò anche negli anni successivi ad essere uno degli elementi più in vista della cerchia elittaria di intellettuali reggini. Si laureò in giurisprudenza a Messina il 29 novembre 1914 e si impegnò a fondo nell'attività che gruppi sociali cittadini avevano intrapreso perchè il governo mantenesse gli impegni assunti e provvedesse alla ricostruzione della città e dei paesi disastrati per avviare la loro rinascita morale e materiale. Partecipò all'aspro scontro politico tra i fautori dell'ingresso dell'Italia in guerra e quelli della neutralità, schierandosi, sebbene iscritto al Circolo giovanile socialista "A. Bebel", a favore della neutralità e allontanandosi così dalle posizioni di Sardiello, Priolo e Cimmato, esponenti attivi dell'intervento democratico e socialista. Dopo la breve e poco esaltante esperienza elettorale dell'aprile 1921 tra le file del Partito Socialista, ci fu una lunga parentesi nella vita politica di Geraci, che, a causa della sua fede socialista, dovette subire ritorsioni e, nel 1933, anche il doloroso allontanamento dall'insegnamento di materie economiche e finanziarie presso l'Istituto Tecnico Commerciale "R.Piria". In questi anni si dedicò con maggior impegno alla professione di avvocato e alla ricerca letteraria. Grandi apprezzamenti ebbero due importanti sue opere, il "Manuale di Polizia tecnica", che egli molto modestamente definì una "traduzione" del libro di Edmond Locard, direttore del Laboratorio di Polizia Tecnica di Lione, e l'originale studio su "Lucio Apuleio Maudarense. Oratore, avvocato e conferenziere", dedicato a Concetto Marchesi, storico della letteratura italiana cui era particolarmente legato per essere stato suo allievo presso l'università di Messina. Con la caduta del fascismo, insieme a quegli uomini che il regime aveva per anni perseguitato, Geraci entrò di diritto a far parte della nuova classe dirigente reggina. Affiancò in qualità di vicesindaco dapprima l'avv. A. Priolo, che ricoprì la carica di sindaco immediatamente dopo lo sbarco degli alleati, e, dal 5 gennaio 1944, l'avv. D. Andiloro, nominato sindaco della città del Comitato di Liberazione. I frutti del giudizio complessivamente positivo sull'amministrazione Andiloro-Geraci si raccolsero nelle elezioni dell'aprile del 1946, che costituironi un test molto importante, trattandosi delle prime elezioni dopo il crollo del fascismo. Complessivamente il Partito Socialista riportò risultati soddisfacenti e Francesco Geraci fu il primo degli eletti del suo partito. In un lunghissimo articolo dal titolo "Le valigie del re", pubblicato su "Calabria Libera", Geraci affrontò la questione del futuro assetto istituzionale dell'Italia e sostenne la scelta repubblicana rispolverando l'esempio e il pensiero di illustri antimonarchici, artefici dell'Unità d'Italia. Il 13 settembre 1946 venne nominato Commissario Straordinario dell'Amministrazione Provinciale del Prefetto, che intese restituire così alla democrazia un Ente sino ad allora gestito in modo autoritario. Dal 1948 al 1958 fu deputato al Parlamento della Repubblica, affrontando in numerosissimi interventi i problemi più direttamente legati alla realtà economica e sociale della provincia di Reggio, per sollecitare l'industrializzazione del Mezzogiorno, la riforma agraria, il potenziamento delle infrastrutture, ed, anche, provvedimenti urgenti per il risanamento delle zone colpite dall'alluvione del 1951 o per risolvere la grave situazione edilizia della città di Reggio, che si protaeva dal funesto terremoto del 1908. Di rilievo anche i suoi interventi su temi di interesse più generale. Basti ricordare il discorso pronunciato alla Camera dei Deputati, "In sede di discussione della legge-trufa 1952", sulla incostituzionalità dell'emendamento Scelba alla legge elettorale, ed i discorsi sui problemi a lui tanto familiari della giustizia. Sostenne, infatti, tra l'altro, la necessità di sopprimere l'ergastolo, di parificare la difesa all'accusa, di ripristinare il rito sommario per rendere più celere la giustizia, di rendere obbligatorio l'insegnamento della medicina legale e di potenziare il servizio di polizia scientifica e giudiziaria. Quando il Partito Socialista si divise tra una maggioranza favorevole ad un accordo con la DC e una minoranza più radicale, Geraci si schierò con quest'ultima, per passare poi, nel 1964, nelle file del nuovo partito di Unità Proletaria, giudicando un processo di socialdemocratizzazione del suo partito l'appoggio alla linea politica del governo Moro. Coerenza e profondo impegno politico e culturale caratterizzarono tutta la poliedrica attività di Francesco Geraci, che fu anche Commissario Provinciale dell'ONMI dal 1946 al 1950 e Presidente dell'Ordine degli Avvocati, carica che onorò con il lusinghiero successo della istituzione a Reggio della Sezione autonoma di Corte d'Appello.
Il 12 dicembre 1967 moriva, dopo una malattia che aveva angustiato i suoi ultimi anni, lasciando "alle giovani generazioni socialiste, un alto esempio di operosità e di equilibrio".