Mario Capanna (Città di Castello, 1945) si è formato nell'associazionismo cattolico e ha manifestato da subito una non comune attitudine allo studio. La sua famiglia apparteneva al ceto artigiano e contadino. Gli ottimi risultati scolastici al liceo classico di Città di Castello gli permisero di essere indirizzato, tramite la filiera ecclesiale, all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove, superato il difficile esame di ammissione, si iscrisse alla Facoltà di Lettere e filosofia (corso di laurea in Filosofia) nell'autunno 1964. Il diritto a risiedere gratuitamente nel collegio Augustinianum (quello per gli studenti fuori sede, mentre le donne risiedevano in stretto regime separatista al Marianum) era legato all'ottenimento dei massimi voti di profitto in tutti gli esami, cosa nella quale Mario Capanna riuscì. Il clima postconciliare, il fermento culturale e la libertà di discussione favoriti da alcuni professori della Cattolica (Emanuele Severino, Lidia Menapace, Sofia Vanni Rovighi) furono il terreno in cui maturò l'incontro tra formazione cattolica e lettura marxiana della storia, fenomeno comune a molte realtà universitarie italiane ma particolarmente rilevante a Milano. Quando nel 1967 un provvedimento del rettore Ezio Franceschini relativo all'aumento delle tasse universitarie accese il movimento di contestazione, questo humus culturale iniziò a radicalizzarsi nell'azione sociale fino ad assumere ben presto venature ideologiche che guardavano alla Cina di Mao come al modello politico di riferimento. In tal senso l'azione di Capanna si inquadra pienamente nel filone movimentista, comunque lontano dalla impostazione politica del Partito comunista italiano. La notorietà di Mario Capanna iniziò quando alla fine del 1967 insieme a Luciano Pero e Michelangelo Spada fu espulso dalla Cattolica per comportamenti non consoni ai principi dell'ateneo. Per statuto l'espulsione comportava l'iscrizione automatica all'Università Statale di Milano. Nel 1998 e nel 2008 Capanna chiese ai rettori in carica della Cattolica scuse ufficiali per quel provvedimento (si veda nell'inventario il fasc. 36). Per almeno cinque anni Mario Capanna fu uno dei maggiori esponenti della contestazione studentesca italiana, anche in ragione di una sua forte esposizione mediatica che lo portò, volente o nolente, a essere impersonato come "il leader del '68" e come tale bersaglio preferito dei giornali conservatori e di destra. Ma fu anche vivamente osteggiato da una parte del movimento studentesco e soprattutto da alcuni gruppi della sinistra extraparlamentare (in particolare Avanguardia operaia e Lotta continua). Caratteristica del Movimento studentesco fu quella di collegare sempre le rivendicazioni per una università diversa nei contenuti e nella struttura con una visione generale del mondo antimperialista e terzomondista, specifiche che sono rimaste costanti sul lungo periodo nell'azione politica e intellettuale di Mario Capanna oltre la fase dell'impegno militante in senso stretto. Furono anche gli anni cruciali del contrasto alla cosiddetta "strategia della tensione" che proprio a Milano fece il suo drammatico esordio nel dicembre 1969 a Piazza Fontana. Il Movimento studentesco fu essenziale nel radicare l'antifascismo nelle masse giovanili in collegamento con le associazioni partigiane, tenendo viva la memoria della strage tanto che nei suoi anniversari avvennero alcuni degli scontri di piazza più duri, il primo dei quali funestato dall'omicidio dello studente-lavoratore Saverio Saltarelli. Capanna svolse sempre un ruolo di primo piano, anche nel senso plastico del termine: in prima fila nei cortei, spesso incaricato di tenere discorsi o comizi, delegato del Movimento in molte occasioni, dall'incontro ad Amman con rappresentanti di Al Fatah alla visita a Pescasseroli ai genitori di Saltarelli. Insieme ai suoi compagni inaugurò forme di resistenza non violenta che divennero poi usuali, come lo sciopero della fame durante la permanenza a San Vittore nel giugno 1969 (nel carcere milanese Capanna ci era già stato tre anni prima come volontario insieme ad altri studenti della Cattolica in una sorta di assistentato sociale ai detenuti). Accanto a tali manifestazioni non violente venivano altresì praticate forme di resistenza attiva, specie dal servizio d'ordine del Movimento (chiamato dai giornali ostili dei "katanga" dal nome dei mercenari congolesi secessionisti che avevano ucciso nel 1961 Patrice Lumumba). Nel gennaio-febbraio del 1974 si consumò una insanabile rottura interna al Movimento Studentesco. Avendo espresso a più riprese, nel corso della seconda metà del 1973, riserve e posizioni critiche verso la maggioranza che si coagulava intorno alla linea di stretta osservanza maoista di Luca Cafiero e Salvatore Toscano, Mario Capanna fu sospeso per sei mesi e la cosa determinò il suo definitivo distacco. Il dissenso verteva sulla prospettiva da dare a un movimento con una base sociale mutevole e di fronte a progetti di riforma (i cosiddetti "decreti delegati") che riordinavano gli organi collegiali e tentavano una normalizzazione della rappresentanza studentesca. La maggioranza del MS riteneva di doversi strutturare come un vero partito ideologicamente cementato dal marxismo-leninismo nella versione maoista, cosa che effettivamente avvenne l'anno successivo con la nascita del Movimento lavoratori per il socialismo (MLS). Capanna si orientava invece a traghettare l'esperienza vitale del Movimento Studentesco all'interno di una nuova forza della sinistra rivoluzionaria che miscelasse culture diverse e consentisse anche lo spostamento a sinistra di ceti borghesi "riflessivi"; nell'ottobre 1974 aderì con la frazione del Movimento Studentesco che si era resa autonoma al Partito di unità proletaria per il comunismo che si era costituito pochi mesi prima dall'unificazione del primo PdUP di Vittorio Foa e Silvano Miniati con il gruppo del Manifesto guidato da Lucio Magri. Nel giugno 1975, in occasione delle elezioni amministrative e regionali, le formazioni alla sinistra del PCI (tranne Lotta continua) costituirono il cartello elettorale di Democrazia proletaria. Capanna fu eletto consigliere regionale della Lombardia e inaugurò, insieme all'altro consigliere Francesco Petensi, uno stile nuovo nel fare opposizione in una assemblea elettiva dialogando costantemente con le realtà sociali del territorio e dando il massimo di informazione all'esterno di quanto avveniva nel "Palazzo". Particolarmente intenso fu l'impegno perché si tenesse un referendum popolare consultivo sull'installazione delle centrali nucleari. Di particolare rilievo, nello stesso 1975, è l'uscita dall'editore Mazzotta del suo volume Monopoli, DC, compromesso storico. Il libro, evoluzione della tesi di laurea data tre anni prima, segna la svolta dal periodo puramente movimentista, con venature insurrezionali, a una analisi profonda del capitalismo mondiale e del modo in cui i partiti di massa italiani lo declinano a livello locale. L'analisi porta Capanna a una proposta politica sempre legata a un partito rivoluzionario di tipo marxista-leninista ma non alieno dal gioco parlamentare. Alla fine del 1976 Capanna entrò in rotta di collisione col PdUP per il comunismo, partito che non superò mai compiutamente la separazione fra le diverse anime che lo componevano, e nel febbraio 1977, replicando l'esperienza di tre anni prima, fu sospeso per sei mesi ma lasciò subito dopo per partecipare al processo di costituzione di Democrazia proletaria come partito e non più come cartello elettorale. Democrazia proletaria è stata l'esperienza centrale nella fase di militanza politica di Mario Capanna. Nel 1979 è stato eletto parlamentare europeo nelle sue liste. Ne è stato coordinatore dal 1982 al 1984 e segretario politico dal 1984 al 1987, quando si dimise all'indomani delle elezioni politiche e del buon risultato del partito (ottenne otto deputati). Egli stesso fu eletto deputato nel 1983 e nel 1987. Democrazia proletaria ha rappresentato il tentativo di coagulare in una forma partito il patrimonio di idee e capacità antagonista sviluppato dalla sinistra radicale nella fase finale della stagione dei movimenti e mantenere viva una opposizione anticapitalista non violenta nel pieno dell'insorgenza terroristica delle Brigate rosse e delle altre formazioni armate comuniste. Democrazia proletaria è stato il primo soggetto politico della sinistra italiana che ha cercato una sintesi tra la cultura tradizionale del movimento operaio basata sulla contraddizione capitale/lavoro e le "nuove contraddizioni", in particolare quella di genere e quella ambientale. "Un piccolo partito dalle grandi ragioni", secondo uno slogan coniato da Mario Capanna. Sotto le bandiere di Democrazia proletaria Capanna ha condotto battaglie politiche di rilievo nazionale e internazionale. In Italia si è battuto contro l'abolizione della scala mobile, per la chiusura delle centrali nucleari, per il rafforzamento dei comitati unitari di base come forma nuova di sindacalismo operaio, contro le installazioni missilistiche in Sicilia e soprattutto si è distinto per coinvolgimento pieno nella lotta antimafia (si vedano nell'archivio i fascicoli delle sue denunce contro alcuni importanti politici siciliani, fascc. 21-23). Ma è stato soprattutto nel sistema delle relazioni internazionali che Mario Capanna ha giocato un ruolo originale nella fase finale della guerra fredda: a fianco della causa palestinese (e in un rapporto diretto con Yasser Arafat fino ad apparire quasi come il rappresentante italiano del popolo palestinese), in solidarietà con le tribù indiane Mohawk in difesa dei loro diritti territoriali durante le Olimpiadi invernali di Lake Placid nel 1980, in missioni di pace e mediazione nel Libano in guerra, durante la crisi libica nel giugno 1986 e poi in Iraq dopo lo scoppio della crisi kuwaitiana quando si spese per la liberazione di alcuni ostaggi italiani prima dello scoppio della guerra nel gennaio 1991. Quest'ultima iniziativa di pace si svolse quando Capanna aveva già lasciato Democrazia proletaria. La rottura maturò nell'estate 1989 ma la crisi datava almeno dal congresso di Riva del Garda del maggio 1988. Nel contesto di una sempre maggiore presenza del movimento ambientalista in Europa, conseguenza diretta della presa di coscienza della questione ecologica come questione strutturale per il destino umano e connessa con il modello di sviluppo capitalistico, una parte dei dirigenti di Democrazia proletaria (tra gli altri Edo Ronchi, Emilio Molinari e Gianni Tamino) proposero il superamento del partito all'interno di un nuovo "polo progressista" di sinistra radicale, laico ed ambientalista. La posizione restò minoritaria e la crisi esplose quando alle elezioni europee del 1989 una parte di Democrazia proletaria si espresse per il voto alla lista dei Verdi. Nel luglio 1989 Mario Capanna si iscrisse al Gruppo Misto e poi in ottobre a quello Verde. La militanza fra i Verdi Arcobaleno dura, però solo due anni: anche in questa formazione politica prevalgono verso Capanna atteggiamenti di esclusione anche in ragione della sua insistenza a creare una forza politica di largo respiro e non tanto rendite di posizione particolari. Un tentativo finale di portare tali ragioni nella Rete di Leoluca Orlando fallisce nel 1992. In due sintetiche pagine del suo L'Italia viva (Milano, 2000, pp. 175-177) Capanna spiega le ragioni che lo portarono nel 1992 a interrompere l'impegno politico di tipo partitico e istituzionale e a continuare la sua battaglia scrivendo saggi e girando il Paese per dibattere con quante più persone possibile i grandi temi della convivenza civile e politica. Fra 1992 e 2010 sono usciti sette libri che hanno caratterizzato questa fase della vita di Mario Capanna. Il materiale documentario relativo costituisce una parte della serie 4 del suo archivio (fascicoli 43-49). Ma l'impegno caratterizzante gli anni Duemila è stato quello nella Fondazione per i diritti genetici e nella Coalizione ItaliaEuropa Liberi da OGM, contro gli Organismi geneticamente modificati per una agricoltura biologica rispettosa dell'equilibrio naturale (qui documentata al fasc. 58). Come per tutte le sue precedenti esperienze, anche questa è stata accompagnata da polemiche che hanno riguardato soprattutto gli aspetti scientifici. Il trasferimento definitivo da Milano al luogo natìo di Città di Castello (2005) ha significato anche la scelta di una pratica agricola coerente con la sua visione del mondo.
Redazione e revisione:
Leonardo Musci, 30/10/2020, archivista, redazione
Bibliografia:
Mario Capanna. Storia di un impegnato